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Bruno Maderna, fra umanesimo e Neue Musik
Bruno Maderna, fra umanesimo e Neue Musik



Non ho conosciuto, per ovvi motivi cronologici Bruno Maderna, di lui mi ha spesso parlato Luigi Rognoni, mi ha raccontato dell'importanza di Maderna nell'ambito dei Corsi di Darmstadt, la sua amicizia con Nono e con Berio, la costituzione della Studio di Fonologia a Milano, il suo personale modo d'intendere l'avanguardia, metabolizzandola con la tradizione italiana.

Negli anni in cui frequentavo Rognoni (dalla fine degli anni Settanta, quando ero suo studente e poi suo Esercitatore al DAMS di Bologna, fino alla sua morte) la figura di Maderna non aveva in me sollecitato particolari passioni, sentivo che, in qualche modo, non era riuscito a essere radicale, a realizzare quell'affondo di cui parlava Adorno, conciliando ricerca e tradizione ottenendo una sorta di media res che non è nè (follia) di sperimentazione nè (serenità) di tradizione. Oggi, passati 30 anni, mutato io e mutati i tempi, leggo la relazione fra serialità e modalità polifoniche cinqucentesche, fra costruttivismo e melodismo, come un modus operandi che ha molte (nuove) possibilità compositive, come poi hanno dimostrato i decenni che hanno seguito la morte di Maderna fino a oggi. 

Fra i musicisti nati intorno agli anni Venti del secolo scorso spicca la personalità di Bruno Maderna, un umanista italiano in mezzo allo sperimentalismo mitteleuropeo. Maderna è, fra i nostri compositori, quello più legato alla tradizionale cultura italiana, ancor più di Nono e Berio, di forte impronta umanistica ma è anche fra i più attenti allo svolgersi delle tecniche nuovissime. Scrive Massimo Mila: "Maderna è uno di quelli che i vocaboli nuovi usano non come fine a se stessi, per il gusto pioneristico d'inventarli, ma subordinandoli a un preciso intento di comunicazione, secondo un rapporto fra contenuti espressivi e mezzi tecnici" (1).

Maderna agisce all'interno della musica, intesa in senso tradizionale, lavora su quegli elementi che da sempre la costituiscono, le prospettive sono volte a scandagliare le nuove direzionalità, vissute in ogni possibile aspetto, anche nostalgicamente, ma pure in maniera disincantata, quale irrequieto mascheramento degli abbandoni al passato, in una costante ricerca che permetta, umanisticamente appunto, l'approccio allo stile, meglio al grande Stile e la risoluzione dell'opera, formalmente intesa in senso sferico. L'aspetto interessante è che questa operatività 'tradizionale' e formalistica rimane, sempre e comunque, ai limiti del congestionamento.

La produzione di Maderna, dopo un esordio che segna irreprensibilmente l'attaccamento al post-webernismo (Quartetto in due tempi), testimonia di una straordinaria espansione verso un'autonomia poetica il cui segno si fa esemplare (un esempio spesso disatteso dai giovani maestri di Darmstadt, più interessati ai calcoli che al suono).

Nel 1952 e nel 1956 Maderna scrisse due brani a cui dette lo stesso titolo, Musica su due dimensioni, il primo venne realizzato presso lo Studio per la musica elettronica di Colonia, in collaborazione con Werner Meyer-Eppler, qui il concetto di doppia dimensione sta a riferirsi all'uso sia di tecniche seriali sia di tecniche riprese dalla polifonia cinqucentesca (2); nel secondo pezzo del '56, realizzato presso il neo nato Studio di fonologia di Milano, le due dimensioni riguardano i suoni emessi da strumenti tradizionali e quelli prodotti a mezzi elettronici. Maderna è uno dei primi a realizzare questa sintesi fra musica strumentale ed elettronica, nell'investigazione del concetto di spazio, uno spazio formato dal gioco di polarità che si attraggono e che si respingono, in irradiazioni improvvise e libere associazioni (un'idea della musica ignota a Boulez). 

L'esplorazione del campo sonoro spinge Maderna verso la dimensione dei suoni prodotti elettronicamente (da Notturno a Dimensioni n. 4, da Syntaxis a Le Rire). Maderna non usa l'elettronica in maniera astratta, come si faceva a Colonia, né la usa in maniera concreta, come si faceva a Parigi (a parte Ritratto di città, composizione che precede di un paio di anni la fondazione dello Studio di fonologia della RAI di Milano), Maderna usa appunto il mezzo elettronico in una prospettiva espressiva.

In quegli anni, Maderna compone lavori in cui la serialità viene utilizzata liberamente, convivono stili diversi da quello espressionistico a quello arcaico di ascendenza malipierana, da quello che si rifà a un melos latino a quello drammatico, da questa dialettica di stili, dalla molteplicità di riferimenti e dall'apertura della rigidezza seriale deriva la posizione particolare di Maderna all'interno delle Nuova Musica.

Fino alla metà degli anni Sessanta, Maderna usa la carta millimetrata (3) su cui stende il piano preparatorio alla composizione, organizza altezze, durate, timbri, dinamiche etc, questo metodo gli permette, oltre a un minuzioso controllo dei parametri, di sperimentare combinazioni inedite. Dalla seconda metà degli anni Sessanta inizia a lavorare su sezioni che poi vengono montate, mantenendo a un tempo la loro autonomia e andando a formare un quadro complessivo.

La vocazione al melos è un richiamo ancestrale che agisce inconsciamente, anche quando Maderna stende i piani preparatori, con la ratio che lo porta a Darmstadt e con il cuore ch'è rimasto a Venezia. Gli stessi strumenti vengono umanizzati, sono una sorta di personaggi, come il flauto di Hyperion e il violino e l'oboe nei Concerti, sono strumenti che incarnano gesti e passioni di personaggi immaginari, figure musicali animate.

L'oscillazione fra velleità strutturalistiche e le golosità sonore, fino al dolce lirismo, rimane la cifra costante di Maderna, dalla Serenata n. 2 a Honeyreves in cui un tessuto sonoro rarefatto e squisitamente capriccioso s'incontra con duri e ampi salti intervallari tipici del puntillismo. Anche Boulez, per esempio in Pli selon Pli, fa sposare le tecniche costruttivistiche con la ricerca timbrica ma, a differenza di Maderna, rimane sostanzialmente legato a un pensiero musicale rigidissimo.

Il fascino del suono, del canto latino, dell'aulodia (Pezzi per oboe, Aulodia), la curisosità per i colori timbrici, per le ultime ricerche di emissione fonica (Concerto per pianoforte) o addirittura per il ritmo jazz (Don Perlimplin), allontanano Maderna non solo dall'ambito etico dell'Espressionismo ma anche dalla stessa prassi seriale, fino all'utilizzazione di sezioni aleatorie nel Concerto per violino e nella Grande Aulodia.

La lezione di Maderna non ha mai smesso di essere un punto di riferimento, giungendo fino ai compositori di oggi. Inoltre, va sottolineata la sua indefessa attività di direttore d'orchestra, tantissimecomposizione degli anni del secondo dopo guerra sono state a lui dedicate. Infine, fu anche un infaticabile organizzaztore, sempre pronto a presentare la nuova musica.



NOTE
1) Massimo Mila, Maderna musicista europeo, Einaudi, Torino 1976 pag. 7.
2) E' noto il rapporto di Maderna con Gian Francesco Malipiero che lo introdusse ai segreti della polifonia rinascimentale e barocca. Fu lo stesso Malipiero a volere il giovane Maderna alla cattedra di composizione presso il Conservatorio di Venezia (Maderna vi restò soltanto dal 1947 al 1950). Maderna continuò a coltivare l'interesse per l'antica polifonia anche negli anni successivi, insieme al compagno di viaggio Luigi Nono.
3) Ricordo che quando scrissi il libro monografico su Aldo Clementi, lui mi diceva che ebbe una vera rivelazione quando Maderna gli spiegò come strutturava la composizione attraverso l'uso della carta millimetrata.



Da Renzo Cresti, Per una storia filosofica del segno musicale, nel Catalogo della Mostra di manoscritti e partiture contemporanee "La musica, le idde, le cose", Arti Grafiche C. Fermo, Milano 1981.
La Mostra, curata da Renzo Cresti e Aldo Brizzi, ebbe la sua inaugurazione al Palazzo del Broletto di Novara, per poi essere esposta nell'Istituto del DAMS di Bologna, nell'Aula Magna dell'Università di Roma, All'Istituto "Viotti" di Vercelli, a Sargiano nell'ambito del IV Festival CIPAM, a Villa Bernocchi di Premeno nell'ambito dei corsi estivi della Civica Scuola di Musica di Milano, al Palazzo Vicarile di Certaldo durante il Festival "Luglio musica", all'Accademia Chigiana di Siena, a Palazzo Robellini di Acqui Terme nell'ambito del Festival "Proposte musicali", fu poi esportata a Lisbona.







Renzo Cresti - sito ufficiale