Antonello Cresti, "Il bello, la musica e il potere"
Conosco bene il pensiero di Antonello Cresti (che non è mio parente come a volte si legge), in quanto con lui c’è stato un profondo dialogo che ci ha portato ad approfondire aspetti politici, economici, musicali, filosofici, e(ste)tici di fondamentale importanza negli anni che stiamo vivendo. Insieme abbiamo realizzato un libro dal titolo esplicito, La scomparsa della musica. Musicologia col martello (ed. Nuova Europa). Si tratta di una lunga e articolata intervista che Stefano Sissa fece ad Antonello e a me nel 2019. Ma come la scomparsa della musica se è dappertutto? Proprio il suo essere in ogni dove condanna la musica a mero sottofondo e al degrado qualitativo. Il modo di trattare queste tematiche fu diretto e duro, da qui il sottotitolo ‘musicologia col martello’ (parafrasi della ‘filosofia col martello’ da Il crepuscolo degli idoli di Nietzsche).Della musica è scomparso il suo essere un collante sociale, una narrazione collettiva, una ricerca esistenziale. Occorre denunciare questa scomparsa e aprire una questione di antropologia culturale contemporanea, ed è proprio quello che Cresti ha continuato a fare col libro La musica e i suoi nemici (ed. Uno) che, fin dal titolo, individua i nemici ovvero le cause che hanno portato la musica ad essere sottomessa al mercato. Il conformismo costringe giovani ignoranti all’idolatria di cantanti creati dal sistema mercantile, togliendo loro ogni pensiero critico e portandoli, senza che loro se ne accorgano, alla shit syndrome (o sindrome della vita di merda). L’omologazione regna sovrana cancellando ogni inventiva, ogni autenticità, ogni ispirazione. Per questo, secondo Cresti, i giovani di oggi hanno subito un regresso antropologico ed è probabile che sia così e se è così per recuperare, ammesso che si possa, ci vorranno generazioni.
Questi temi vengono ripresi nel libro Il bello, la musica e il potere, Edizioni Mariù, Roma 2023. Si tratta di una lunga intervista che lo scrittore e cantautore partenopeo Roberto Michelangelo Giordi fa a Cresti. L’inizio prende di petto l’argomento con una domanda fondamentale: che cos’è l’arte? La risposta è che «l’arte si concretizza nell’atto di dispiegamento tra soggetto e oggetto. Il nostro tempo vive la crisi del dispiegamento: le forme si sono del tutto svuotate» (pag. 13) e ciò che le ha svuotate sono gli interessi del mercato che hanno portato a un abbrutimento, «essere dei bruti significa essere individui senza alcuna idea di bellezza» (pag. 20).
Il concetto di manipolazione domina implicitamente tutte le pagine del libro: «è il mercato a formare e ad indirizzare barbaramente il gusto» (pag. 52). Il mercato lavora in fretta su cose che devono durare poco perché devono essere prontamente sostituite da altre: canzoni e canzonette spazzatura per un popolo di consumatori.
Il mercato per ben funzionare deve mettere in campo anche una finta trasgressione, come il trap. La ribellione musicale manteneva ancora un senso di disubbidienza e una speranza di salvezza fino agli anni Settanta del secolo scorso, poi è stata risucchiata nel mare magnum di una massificazione sempre più sottomessa al potere, più economico che politico, in quanto la stessa politica è condizionata dall’economia e dalla finanza. Per questo che «oggi abbiamo bisogno di un’arte rivoluzionaria» (pag. 91).
Il libro prende in esame anche altri aspetti, come il ruolo della tecnologia, la minaccia dell’intelligenza artificiale, il dispotismo dei mezzi di informazione, tutte problematiche scottanti sia nel campo della musica sia in quello dell’arte e della cultura in generale, con ricadute sociali e politiche molto forti.
Nel bla bla della critica spicca questa presa di posizione di Cresti, uno dei pochi a esprimere con la dovuta durezza e rigore un pensiero libero e critico. Nel servilismo generalizzato, il dialogo fra Giordi e Cresti si insinua a cuneo per cercare di aprire fessure. Nell’egocentrismo che attanaglia giovani e meno giovani, un richiamo ai valori comunitari, del tutto ignorati da una politica incapace di uscire dal suo auto-compiacimento. Nella nullità della stragrande maggioranza delle musiche attuali, questo libro diventa anche un monito ai musicisti che riscoprano sé stessi e il rapporto con un ascolto attivo. Libro da leggere, meditare e poi agire.