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Lettera a Claudio Josè Boncompagni
Caro Claudio,

so che sei partito e non mi hai detto nulla, tu sempre così gentile mi hai lasciato così, ti aspettavo alla presentazione del mio libro sul Novecento a Villa Favard, ma mi hai lasciato così. Mi hai lascito così senza darmi i tuoi ultimi brani eppure sapevi che volevo leggere le partiture e ascoltare le registrazioni e, invece, mio amabile Claudio, mi hai lasciato così.

Avevi studiato presso il  Conservatorio Cherubini di Firenze e avevi conseguito ben 3 diplomi col massimo dei voti; avevi ottenuto 10 piazzamenti fra premi e menzioni nei concorsi nazionali ed internazionali e avevi frequentato corsi di perfezionamento con Sciarrino e poi con Ferneyhough, Huber e Stockhausen ai famigerati Ferienkurse di Darmstadt (1998) ma, ti devo dire, ben poco risento nella tua musica dell’attenzione accademica e delle influenze di quei grandi maestri, è una musica cordiale la tua che rispecchia il tuo modo di essere, ero curioso di ascoltare i tuoi ultimi brani, ma tu mi hai lasciato così.

Quando vent’anni fa scrissi il lungo saggio su di te, ricordi? Era intitolato Il gesto poetico che si fa suono, mi era piaciuto sottolineare la naturalezza del tuo gesto musicale, la tua attrazione naturale per la poesia e per il teatro, hai scritto belle cose, caro Claudio, anche di musica ambientale: la musica non è mai aggiunta al luogo, alla poesia, alla scena ma ne è un elemento interno, legata alle dinamiche spaziali e gestuali. A parole tutti vorrebbero fare così, ma solo a pochi riesce e tu lo fai molto bene perché ti veniva così, in modo congenito. Ne volevo ancora parlare con te, ma tu mi hai lasciato così.

Il repertorio delle tue composizioni si caratterizza per un cospicuo numero di brani strumentali per varie formazioni, teatro sperimentale,  progetti multidisciplinari e multimediali, brani pensati in maniera tanto originali per Bande da costituire un nuovo repertorio; lavori anche didattici per giovani strumentisti e chissà quanti allievi ti sono grati per questo, per il tuo costante impegno per la didattica, per l’educazione in genere, per il tuo spontaneo e disinteressato amore per la cultura, l’arte, la musica. Mi sarebbe piaciuto sapere da te cosa ne pensi di ciò che avviene oggi nel nostro cattivo mondo, egoistico e cinico, della musica sempre più pensata e fatta in maniera superficiale, tu che sei un generoso e un appassionato per natura, ma mi hai lascito così.

Te l’ho detto tante volte, c’è bisogno di persone come te, partecipi e premurose, persone ancor prima che compositori, musicisti ancor prima che scrittori di musica; hai un talento naturale che si sposa con il rispetto e con l’essere affetto dalle persone che ti circondano, dai fatti che affronti in modo attento, dalle cose che non sono mai buttate là ma accarezzate. Sì, Claudino, c’è necessità di persone come te, sono 35 anni che ti conosco e in tutto questo tempo mi sei stato di esempio e ora che te ne sei andato mi sento più povero, sembra che il mondo stesso sia più povero. Ma perché mi hai lascito così? Evidentemente nel posto dove sei andato avevano bisogno di una brava persona e di un bel musicista e giustamente hanno pensato a te. Ma quando torni Claudino? Mi manchi. Ti voglio bene.
 
Parole commemorative, pronunciate a Villa Favard, Conservatorio di Firenze, venerdì 29 aprile, ore 11.30.

(Claudio Josè Boncompagni, Buenos Aires 1961 - Borgo san Lorenzo 26 aprile 2016)






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