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Nicola Campogrande, Occhio alle orecchie, libro
Nicola Campogrande, Occhio alle orecchie, come ascoltare musica classica e vivere felici, Ponte alle Grazie, Milano 2015, pp. 139, 12.50 euro.


Conosco Nicola Campogrande come compositore e anche come conduttore radio-televisivo, so che è stato critico musicale de "La Repubblica", ma non sapevo che scrivesse libri così piacevolmente leggeri, intendendo il concetto di leggerezza in termini postmoderni ossia del tutto positivi. Nel curriculum riportato nel secondo risvolto di copertina leggo che ha pubblicato nel 2009 Musica e amore e che è pure autore di testi editi da Rizzoli e da Treccani, questo fa capire il retroterra letterario e culturale che Campogrande possiede. Occore dirlo senza polemica ma come semplice contatazione, non sono molti i compositori che meditano, riflettono e possiedono un bagaglio culturale profondo, di solito, sono assolutamente concentrati su quello che fanno, sui loro pezzi, alzano raramente lo sguardo dai loro spartiti e la loro musica tende a giustificarsi da sola, sguazzando in una tendenza di riferimento, in modo autoreferenziale non solo in senso musicale e compositivo ma anche in senso culturale. Evviva dunque personalità come quelle di Campogrande che, fra l'altro, è dodato anche di una sana dose di (auto)ironia.

La dichiarazione di poetica, che riguarda sia la sua attività di compositore sia l'impostazione del libro, viene messa in bocca a parole di Renzo Piano, al quale Campogrande ha domandato come si fa a riconoscere una buona architettura ossia, in generale, un buon lavoro artistico, Piano gli ha risposto che si riconosce dall'utile: se una realizzazione si è messa davvero al servizio della necessità dalla quale si è partiti, allora ci sono ottime possibilità che quella sia una buona opera d'arte.

Il volume è sostanzialmente diviso in due parti, la prima prende in esame vizi e virtù del mondo musicale, con i capitoli: La musica classica, I luoghi, i rituali, Il mestire dell'ascoltatore, I compositori, gli interpreti, L'interpretazione, i giovani e gli anziani, Verso il futuro. Molte le considerazioni degne di essere annotate, fra cui: "io credo che la musica classica porti a sviluppare le proprie sensibilità". Verissima la riflessione sul fatto che la lentezza della musica classica non sta in sè ma nel suo ascolto: "la musica classica ha bisogno di espandersi dentro di noi e ci riempie di dettagli".

Nel mondo musicale quello che conta "è la griffe del Grande Compositore", su questo non c'è dubbio, come è sacrosanta la domanda: "c'è un livello minime di competenze che si devono possedere per apprezzare un concerto?" Ma la cosa più interessante è quando Campogrande scrive della "possibilità di godere della musica classica in modo istintivo e magari distratto" ovvero non è obbligatorio l'ascolto strutturale di adorniana memoria, ci si può avvicinare alla musica anche in maniera percettiva, empatica, condividendone il senso e il messaggio.

Altra considerazione su cui vale la pena soffermarsi è che la musica sta "fuori dalla storia", nel senso che "ci importi sempre meno la quota di rappresentatività storica di una partitura a favore della sua bellezza assoluta", verissimo, è questo un cardine del pensiero onnivoro postmoderno la de-contestualizzazione storica, se le musiche fossero sempre contestualizzate sarebbe impossibile riprenderle e riadattarle; la storia si fa geografia e il cervello del musicista diviene una sorta di web a cui attingere, appunto fuori dalla storia.

La seconda parte del libro rigurda alcune analisi e riflessioni su 12 partiture che a Campognande stanno particolarmente a cuore, fra esse la Passione secondo Giovanni di J. S. Bach, la Sonata per violino e pianoforte n. 5 di Beethoven e la sua Terza sinfonia, i Folk Songs di Berio etc. Pagine che sono un buon esempio su come avvicinarsi a queste musiche.

Libro di piacevole lettura con considerazioni a tutto tondo, mai banali. Come dice il titolo, più che alle parole occhio alle orecchie! Che siano educate e aperte.



http://www.campogrande.it/







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