Antonello Cresti,"Solchi sperimentali, Italia", libro
Antonello Cresti, Solchi sperimentali, Italia, 50 anni di italiche musiche altre, Crac Edizioni, Falconara Marittima 2015, pp. 485, 28 euro.Questo libro sarebbe da rendere obbligatorio nei conservatori, ovviamente più agli insegnanti che agli allievi, perché sarebbe un modo per svecchiare la mentalità e per eliminare quella fastidiosa puzza sotto al naso che l’ambiente accademico ha nei confronti di tutto ciò che non proviene dal chiusissimo suo mondo.
Qualcuno dice che il jazz italiano non ha più la creatività di qualche decennio or sono – anni Ottanta e Novanta – perché gran parte dei jazzisti oggi proviene dal mondo classico; non è così per il rock ma certo l’omologazione regna sovrana. Per fortuna Antonello Cresti ci mostra che c’è ancora un solco sperimentale che viene percorso da personaggi di varia natura e di varia preparazione che rendono la musica viva e soprattutto autentica, al di là di ogni approvazione del sistema culturale e di ogni riconoscimento dal mondo dell’ufficialità.
Il sottotitolo del libro è “50 anni di musiche altre”, in effetti, si parte da alcune citazioni di lavori degli anni Sessanta e si arriva fino a oggi, da Le Stelle di Mario Schifano Dedicato a… (1967) a Donato Epiro Fiume nero (2014) per citare due lavori molto rilevanti, ma nel mezzo ci stanno considerazioni, interviste, riflessioni, analisi, testimonianze, tutto un bagaglio di notizie e di medaglioni critici assai vivi e palpitanti.
13 sono i capitoli, ai quali va aggiunta la prefazione, in cui l’autore definisce i termini dell’«operazione di scavo compiuta nei confronti della realtà italiana» (il lavoro, direi in maniera opportuna e appropriata, si concentra sulla musica altra in Italia); va aggiunta la confessione finale, Musicista sperimentale? Anche io lo fui…, nella quale Cresti dice di essere sempre stato «alla ricerca di qualcosa che mi facesse sobbalzare per originalità» e di aver fatto parte del collettivo Nihil Project, fondato dallo stesso Cresti e da Andrea Gianessi, dal quale sono stati realizzati quattro album dal 2001 al 2006. Inoltre, le etichette discografiche e un utile indice dei nomi.
Molte le foto e soprattutto ben 170 interviste esclusive che, collegandole assieme, creano un filo rosso che va a costituire il sottofondo sonoro su cui si muovono i protagonisti, impossibile citarli tutti, dai più famosi come Battiato ai meno ma ognuno con un profilo ben delineato, toccando svariate esperienze, tutte legate alla free form, dalla musica neopsichedelica al nuovo ritualismo, dall’etnica all’elettronica, dal metal sperimentale al dark ambient, dalla world music alla fusion, in una continua ibridazione tra generi composta in forme senza confini, come se il suono fosse un flusso di coscienza inarrestabile.
Capacità di analisi e di raccontare, queste le caratteristiche straodinarie del lavoro di Cresti, con molte acute osservazioni sia sui singoli musicisti sia sui periodi storici, quasi sempre condivisibili e sempre apprezzabili.
La documentazione è sempre indispensabile ma in un libro come questo lo è ancor di più ma soprattutto deve essere una documentazione che si fa testimonianza, non un insieme di allegati, incartamenti e carteggi semplicemente informativi ma attestati di vita vissuta, un vissuto che traspare in tutte le pagine e le fa vibrare grazie ai suoni praticati, provati, veri, diretti.
Ricerca delle radici, spiritualità, apertura della coscienza, affondo esistenziale e molti altri aspetti vengono fuori da queste pagine, ben montate da Cresti, fra analisi dei lavori e interviste, fra considerazioni musicali-culturali e socio-politiche, davvero un interessante spaccato di ciò che sono stati e sono i solchi sperimentali italiani.
P. S. Cresti non è un mio parente! Per cui gli apprezzamenti non sono legati né da parentele né da amicizia in quanto non ci siamo mai incontrati, sono elogi sinceri.
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