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Wagner, Preludio del "Tristano e Isotta"
Wagner, Preludio del Tristano e Isotta

Collegati al Modulo 15, in particolare alla prima Unità sul Romanticismo, al 15.8 su Wagner e all'analisi sul Tristano

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http://www.youtube.com/watch?v=fktwPGCR7Yw



Tristan und Isolde è un dramma diverso dagli altri fin dal titolo, poiché in quasi tutte le altre la titolazione indica il protagonista, in solitudine (Rienzi, l’Olandese, Tannhäuser, Lohengrin, Siegfried, Parsifal), mentre qui è l’unione indissolubile ad annunciarsi: «Il nostro amore, / non si chiama Tristan / e Isolde?» ma anche la congiunzione infine verrà tolta, Isolde vuol diventare Tristan e lui vuol divenire lei. È un’opera che ha l’ambizione di avvicinarsi all’ontologia.

Tristan e Isolde esistono per la loro passione, tutta l’opera è esclusivamente tensione, priva di ogni riferimento oggettuale. Secondo l’insegnamento di Schopenhauer, la musica non può esprimere sentimenti individuali ma comunica l’universalità del sentire. L’organico: 3 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, tuba, timpani, arpa, archi. I violini hanno una flessibilità volta a cogliere la nuance più sottilmente inquieta, sensuale e melanconica, mormorata (con sordine), implorante, specie in coppia con le viole. I violoncelli sono utilizzati in ogni registro e hanno un ruolo fondamentale, sempre. Il flauto è adoperato con parsimonia sia per non bucare l’impasto sonoro sia per non accavallarsi al registro di soprano delle voci; a volte viene utilizzato per effetti pitturali, come nel momento in cui si scorge il drappo della nave di Isolde (nel terzo atto). Il corno inglese è altro strumento sostanziale nella concezione sonora wagneriana, impiegato per conferire un’atmosfera nostalgica, straordinario l’assolo all’inzio del terzo atto, 40 battute bellissime che Wagner voleva fossero intonate dallo stesso strumentista dell’orchestra e non da un solista. Per i clarinetti egli usa sia quelli in sib sia in la, seguendo la convinzione di Berlioz che il clarinetto sia uno strumento adatto per la descrizione di caratteri femminili; il clarinetto basso è altro strumento assai importante, meravigliosa l’utilizzazione durante il monologo di re Marke, nel secondo atto. L’oboe, per la sua voce che buca, oltre al trattamento come secondo soprano naturale nel gruppo dei fiati, è utilizzato in passi solistici e nell’insieme quando la sonorità è in un fortissimo intonato dall’intera orchestra. Il fagotto viene spesso utilizzato come strumento che partecipa all’intreccio armonico, come il corno che è uno strumento che acquista una funzione prioritaria nell’orchestra wagneriana sia corno naturale sia a cilindri, qui usato per le sue possibilità d’intonare i passaggi cromatici; armonicamente al corno sono affidate delle parti che possono essere assimilate alla funzione del pedale nel pianoforte (un’idea probabilmente presa da Liszt). Trombe e tromboni sono utilizzati per conferire una sonorità piena, capace di rilevare i momenti eroici, ma pure quelli radiosi e spirituali. L’arpa, a differenza delle prime opere, è utilizzata con parsimonia, prodigioso il suo impiego nella Liebestod. Wagner fa ricorso a tre timpani per poter intonare meglio le parti armoniche. Però è difficile schematizzare l’utilizzazione degli strumenti da parte di Wagner, perché la sua metodologia lega l’orchestra alle voci e alla scena, cambia secondo i casi, è caleidoscopica, non si lascia inquadrare e questo, già di per sé, è la spia del grande lavoro che il maestro compie, raggiungendo vette a dir poco strabilianti.

Le voci rispecchiano la disposizione tradizionale, Tristan è un tenore e il suo fido scudiero un baritono, la sua amata è un soprano e la sua ancella un mezzosoprano, il rivale di Tristan, Merlot, un altro tenore e il re ovviamente un basso. Il nome di Tristan è interpretato in due maniere o come triste, giacché fu orfano di padre morto in guerra e di madre che morì partorendolo, come dice egli stesso nel terzo atto: «Ella generandomi morì», oppure il nome viene spiegato nel significato, dal celtico drystan, di valoroso, ardito.
 
Fin dalle prime battute dell’Einleitung, il carattere cromatico della scrittura si afferma in maniera evidentissima; la prima frase cantata dal violoncello è un singulto che si diffonde nell’orchestra e si combina con quella esangue dell’oboe, questo intreccio, come quello dei suoni che intessono il famoso Tristan-Akkord, rappresenta l’intreccio delle vite dei protagonisti di quest’opera, dove il fatum intesse la sua dolorosa trama. Questo accordo è il padre di tutti i Grundmotive, il centro irradiante e risucchiante: è la cifra espressiva della dolorosissima stimmung e dell’ambiguità che pervade l’intera storia dall’amore-odio di Tristan e Isolde al tempo dell’uccisione di Morold, fino all’evocazione della notte/morte e al conseguente odio per il giorno, simbolo di convenzioni e pragmatismo; enigmaticità che avvolge ogni momento, ogni personaggio fino alle viscere, sotto il segno della rappresentazione luttuosa, categoria costitutiva del Trauespiel barocco.

Il Tristan-Akkord potrebbe essere visto come una struttura armonica profonda, dalla quale partono le articolazioni armoniche successive ma anche i motivi conduttori, un insieme complesso di suoni verticali/orizzontali che sprigiona la sua forza costruttiva, riuscendo a edificare la forma musicale, una forma che si modella proprio sull’articolarsi del complesso dei suoni di partenza. Si profila il concetto d’isomorfismo, secondo il quale è la micro struttura a determinare la macro, la quale altro non è che un ampliamento variato degli elementi di base da cui deriva. L’isomorfismo sarà determinante per le metodologie compositive seriali, ma anche per tante altre esperienze novecentesche, dove la forma non è un a priori ma deriva dallo strutturarsi dei parametri compositivi di base.

È la mezzanotte l’ora del lutto, in cui il tempo si fa spazio: non vi è uno sviluppo temporale ma un continuum dello spazio. I personaggi sono soggetti collocati in un ambito illimitato, sono, come in certe performance dell’avanguardia novecentesca (in specie nel teatro di Schnebel e Kagel), individui che compongono lo spazio. In ultima analisi si potrebbe prospettare una sorta di teatro dell’invisibile, infatti, ben poco c’è da vedere e l’azione è sostanzialmente ferma: come l’orchestra anche i personaggi vivono nella mente e nei cuori dell’ascoltatore, è un teatro che si mira con l’intelletto e la fantasia e non con gli occhi (come nel madrigale dialogico manierista).

L’invisibilità è ben costruita: Wagner non si abbandona a effetti vaporosi e a una forma allo stato fluido, anzi, la costruzione motivica, come quella armonico-timbrica, è fortemente determinata da una coerenza delle articolazioni musicali che rimandano costantemente a nuclei generativi primari e anche la forma si basa su proporzioni che spesso suddividono la scena in tre sezioni essenziali, una forma tripartita scheletrica ABA¹, a volte seguita da un CC¹, che costituisce l’ossatura che permette al vagare motivico-armonico di non disperdersi ma di mantenersi attaccato a delle basi regolari (un po’ come ne I Maestri cantori la forma Bar AA¹B costituirà l’intelaiatura di alcune scene). La simmetria del primo con il terzo atto rimanda ancora alla forma Bogen.

L’inafferrabilità del tempo della mezzanotte è descritta con Grundmotive ‘liquidi’, come quello sfuggente del desiderio, cromaticamente sinuoso, che abbraccia quello dello sguardo, facendo un tutt’uno fra sensualità e spiritualità. La fluidità fraseologica consente una perfetta unione fra i motivi che s’intrecciano, grazie alle continue progressioni, come il tema della felicità con quello dell’inno alla notte. Wagner è davvero un maestro in questi particolari.

L’analisi dell’Einleitung di Tristan dimostra che, sulla base dell’interscambiabilità delle regioni della tonica minore e maggiore, l’ambito modulante è compreso fra le regioni della mediante maggiore abbassata e della sopradominante maggiore abbassata. Il cromatismo, malgrado interessi larga parte del linguaggio wagneriano, non si sgancia dall’universo armonico-tonale, lasciando alla base dello sviluppo musicale i tradizionali nessi modulanti, seppur ampliati. Chi ha parlato di atonalità in Tristan poco ha capito, non solo dal punto di vista musicale ma anche da quello della filosofia che sorregge l’impalcatura formale, la quale si base sul contrasto fra mare-notte-amore e terra-giorno-distacco, contrapposizione che si realizza fra zone nelle quali imperversa il cromatismo e sezioni diatoniche, fra stratificazioni cromatiche e un substrato diatonico-eptacordale. Certo, l’esperienza disgregante del cromatismo in Tristan e la sua Ur-melodie rappresentano la fase della saturazione del sistema tonale e sarà il viatico verso l’esperienza espressionistica e la successiva individuazione della dodecafonia, nella quale il concetto di serie è debitrice dell’unitarietà tematica derivante da un nucleo generatore come avviene appunto in Wagner.
Molti motivi, non solo in questo dramma, sono esposti dalla parte superiore di una struttura armonica e il mutamento delle regioni armoniche è fondamentale quanto il cambiamento dei motivi. Vi sono delle vere Grundharmonie che, trasfigurandosi continuamente, accompagnano fatti e personaggi nel loro evoleversi.

L’introduzione inizia in la minore, con la sfuggente citazione della tonica, appena una croma in levare, e con una sola linea melodica esposta dai violoncelli in pianissimo che si collega alla fondamentale del VI grado (il resto dell’accordo è sottinteso), questa nota prende cinque sesti della battuta e risulta pertanto lunghissima, perché l’indicazione agonica è Lento e languido. Il cosiddetto ‘accordo di Tristan’, il primo dato senza note sottintese, è da considerarsi un II grado in quadriade, con terza maggiore, quinta diminuita e settima minore, di per sé non nuovo nell’ambito dell’armonia romantica (anzi, nella forma in cui si presenta, cioè in secondo rivolto, è detto tradizionalmente accordo di sesta eccedente francese), costituito dalle note si-re#-fa [la] che va al V grado (per altro la successione armonica II-V è fra le più usuali nella tradizione, tanto che in certi trattati si trova inserita fra i collegamenti principali negli accordi di moto). Il lungo sol# che compare sul battere della misura deve essere inteso come appoggiatura del la. Questo sovradimensionamento del sol# ha indotto alcuni commentatori a pensare l’accordo come costruito sul VII grado. Wagner usa spesso note estranee, come appunto le appoggiature, in modo molto dilatato, proprio con l’evidente intenzione di creare forti tensioni con fine psicologico. Nelle battute successive alla cadenza sospesa II-V si ripete il passaggio, ma in altra regione tonale, di do, anche qui si termina con una cadenza sospesa; la volontà di evitare la conclusione certa e l’esposizione del totale cromatico nelle prime sette battute crea quell’incertezza tonale che così ben esprime l’inquietudine dello stato d’animo che avvolgerà i protagonisti di questa storia di amore/morte tutta sospesa fra i flutti del mare. Sospensione e non annullamento perché le sequenze armoniche rimangono vincolate alla scala dinamica (I-VI-IV-II-VII-V). (1)

A livello di Grundmotive è quello del desiderio che si presenta in tutta la sua struggente bellezza; s’articola in due parti, la prima esprime sofferenza e la seconda amore. Questa cellula motivica sarà ripresa più volte e specialmente nell’ardente duetto del secondo atto. Segue il motivo dello sguardo, che tanta parte avrà nel raccordare la storia all’antefatto; quindi, dopo una breve progressione, il motivo del filtro d’amore che va ad accavallarsi a quello del filtro di morte; Wagner prescrive un crescendo di così grande effetto che Hermann Scherchen lo cita, nel suo Lahrbuch des Dirigierens, quale sommo esempio di un crescendo espressivo che simboleggia il doloroso anelito e la rinuncia. Una scala di biscrome, ripetuta 10 volte, crea un accumulo di tensione che si scarica in un ambiguo accordo in fortissimo, al quale segue immediatamente una veloce figurazione discendente che conduce alle dolciastre battute finali, fino al morendo sonoro che va verso la notte, verso le profondità del mare, ma non è una conclusione perché il preludio propone quale ultima nota l’intervallo di settima che, senza soluzione di continuità, conduce alla prima scena. Che sia un intervallo dissonante a fare da congiunzione fra l’Einleitung e l’inizio dell’atto ci lascia presagire il dramma che sarà consumato.

Dopo le innumerevoli analisi della celeberrima Einleitung c’è ancora qualche altra cosa da dire? Innanzitutto, per quello che abbiamo appena espresso, sull’importanza dell’orchestrazione, le tante analisi armoniche sono un po’ fine a se stesse, perché divengono un esercizio scolastico se non relazionate all’orchestrazione e alla drammaturgia; poi potremmo aggiungere che, anche senza sapere l’opinione degli accademici, l’orecchio si rende benissimo conto di qual’è il messaggio espressivo di Wagner, un messaggio d’instabilità che dalla musica arriva alle nostre menti e soprattutto ai nostri cuori, in maniera avvolgente e diretta, proprio come voleva Wagner.

Fra i tanti esegeti, citiamo alcune fonti autorevolissime e iniziamo dalle parole di Adorno: "Nella prima sequenza del motivo iniziale, compare la sesta minore del modello: si-sol# per la-fa. Questa variante proviene dal riferirsi l’intero periodo alla sua virtuale tonalità di base, alla scala armonica di la minore: dove vi è il fa, ma che si chiama sol#. Essa è parafrasata dalla scelta delle note caratteristiche angolari. Tale parafrasi di una tonalità mantenuta identica, anche nella progressione della modulazione cromatica, ha il senso di rapportarla a un elemento armonico unitario, e dunque di organizzarla. Ma ciò reca nell’organizzazione sequenziale conseguenze costruttive: con l’unità armonica è evitata l’identità meccanica di entrambi i membri melodici della sequenza. Modello e prima sequenza si discostano fra loro in un intervallo essenziale: si relazionano come un tema rispetto alla sua rudimentale variazione. Invariato, il gruppo di sequenze porterebbe alla settima di dominante nella tonalità di si, ma mediante la variazione porta invece all’accordo di do maggiore come relativo di la minore. Così è rinforzato il rapporto con la tonalità di base. Proprio attraverso il mantenimento dell’unità tonale (la), che si rifiuta a un vasto, sfrenato modulare piatto, è accantonata la banalità della sequenza cromatica, e preparata quell’indipendenza dei gradi secondari cromatici che poi, con Schönberg, è diventata per la tonalità tanto più pericolosa del semplice cromatismo." (2)
 
La tonalità, così come viene trattata in Wagner, verrà chiamata da Schönberg ‘tonalità parafrasata’ sottolineando il lavorìo di scavo e di approfondimento, in una geniale interpretazione del sistema che viene dilatato fin verso le sue zone estreme, allargamento foriero di articolazioni future, sfruttate appieno dallo stesso Schönberg. "L’analisi del preludio del Tristan dimostra che, sulla base dell’intercambiabilità delle regioni della tonica minore e maggiore, l’ambito modulante è compreso tra le regioni della mediante maggiore abbassata e della sopradominante maggiore abbassata: basta rendersi conto che le sezioni che sembrano modulare più lontano sono solo erranti sulla base del significato molteplice degli accordi vaganti. Il che naturalmente non costituisce affatto una critica alla bellezza di questo passo. (3)
 
L’intercambiabilità delle regioni citata da Schönberg è presa da Nattiez quale conferma della sua tesi di Wagner androgino, (4) in particolare il musicologo prende in considerazione il cosiddetto ‘accordo di Tristan’, rifacendosi alla designazione di Mayrberger che lo aveva definito ‘accordo bastardo’ ovvero ambiguo o, nell’idea di Nattiez, androgino. Nell’enigmaticità tonale dell’introduzione si riconosce il mi minore quale regione tonale propria di Isolde, mentre il la minore è quella di Tristan. Rifacendosi allo studio del Gut, a sostegno della sua tesi Nattiez cita le ultime parti dell’opera, nelle quali si afferma la regione tonale del mi minore (quella di Isolde), Tristan è già morto e Isolde sta per morire inabissandosi nell’universo. Il motivo del desiderio non è più androgino: il la minore di Tristan non si confonde più con il mi minore di Isolde, perché solo lei è rimasta ancora in vita e quando anch’essa morrà si sfocerà nel si, regno del Nirvana. Il rapporto di quinta determina dunque il passaggio fra la morte di Tristan, quella di Isolde e il loro ricongiungersi, non a caso l’accordo conclusivo è un si maggiore perfetto.

Daniel Baremboim mette giustamente l’accento sul fatto che il Tristan-Akkord ci porta in una dimensione spazio temporale altra, un altrove che verrà mantenuto per l’intera opera, esso non crea solo tensione musicale/emotiva ma anche un processo di dislocamento, uno spaesamento. Il fatto che l’accordo iniziale non venga mai completamente risolto sta a significare l’incertezza dei nostri rapporti umani, sempre a più dimensioni, enigmatici. La risoluzione finale in si maggiore, dopo la trasfigurazione di Isolde, non fa che confermare il mistero della vita e della morte, è una risoluzione che non chiarisce, scioglie la protagonista dai legami con il mondo ma dove la porta?
 
"Il preludio incomincia con un pianissimo veramente lontano, intimo, profondo. La prima battuta è senza armonia: ci sono solo un la e un fa suonati dai violoncelli, due note che possono avere tante possibilità. Come indirizzo armonico potrebbe anche essere in fa maggiore. Perché no? Invece già nella seconda battuta c’è il famoso accordo del Tristan. […] È lo stesso accordo che ritroveremo nel punto culminante, verso la fine del preludio. […] Anche il peso dell’orchestra è calcolato. Non soltanto nel senso che la dinamica è sempre crescente, ma anche gli strumenti accentuano la potenza, come i tromboni e soprattutto le trombe, che entrano proprio all’ultimo momento del crescendo, prima del punto culminante. Vuol dire che fino all’ultimo momento non ti rendi conto di quello che sta per succedere, perché la tromba comincia a suonare dentro l’impasto dell’orchestra e solo poi diventa elemento guida, che porta e indirizza tutto il discorso verso la grande esplosione del punto culminante. […] Un’ambiguità di armonia, di suono e di silenzio. Si entra in un mondo in cui la musica è allo stesso tempo nel mondo e fuori dal mondo. È questa la magia del Tristan. (5)
 
Se le analisi hanno il pregio di chiarire alcuni aspetti tecnici fondamentali hanno anche il difetto di scomporre il lavoro in micro sezioni che tendono a valere per se stesse, in fondo le innumerevoli analisi che si sono succedute non vogliono solo manifestare i procedimenti wagneriani ma soprattutto giustificare la propria metodologia ossia vogliono, più o meno a forza, far rientrare la musica all’interno dei loro sistemi ermeneutici. Quando poi l’analisi tecnica si avventura in relazioni più ampie inciampa in situazioni che, a volte, diventano difficili da giustificare seguendo lo schema di partenza, per esempio la tonalità di la minore è abbinata a Isolde in alcune parti dell’opera ma non sempre, perché nel primo atto la protagonista si muove all’interno di un alone sonoro derivato dal do sia minore sia maggiore; anche la tonalità di mi minore non è costantemente abbinata a Tristan, lo è solo nel terzo atto e fra l’altro la morte dell’eroe avviene su una sospensione sulla dominante di do. Come l’elencazione pedissequa dei Grundmotive anche quell’armonica diviene meramente descrittiva e didattica, è l’insieme che va abbracciato, una totalità che non è la somma delle singole sezioni ma che è un unicum inscindibile, che può essere con-preso solo con un passionale attaccamento al suono e al dramma, proprio come Wagner desiderava, concedendosi totalmente all’ascolto.

Il Tristan-Akkord è il simbolo di quella situazione anfibia che si protrae per tutta l’opera, metafora dell’erranza umana e del valore conoscitivo dell’eros; la fissità dei personaggi di contro al ribollire del suono orchestrale mette in atto una dicotomia tra la struttura dell’opera e la vocalità la cui funzione non è quella di descrivere personaggi reali ma le loro essenze, il puro umano che sta sotto le incrostazioni dell’apparenza. I personaggi si esprimono con la gestualità, è dal gesto che precipita la vocalità, in uno stato ipnotico che già le prime battute del preludio evocano.

Le dramatis personæ altro non sono che una derivazione delle profondità armoniche e del flusso orchestrale; la stessa scissione del Tristan-Akkord in due sezioni (mi-sol#-si e re#-fa), secondo quanto proposto da Grunsky, (6) nel loro intrecciarsi creerebbe la stimmung particolare dell’opera e rimanderebbe al mito platonico della divisione della natura umana in due parti. È nella mezzanotte, nel momento in cui il tempo si fa spazio e sospende ogni riferimento alla concretezza materiale e psichica, che si mostra la cifra essenziale dell’ambiguità melanconica.

Thomas Mann, che molto ha ripreso della tecnica wagneriana sia a livello espressivo sia formale, come per esempio l’utilizzazione dei Grundmotive ne La montagna incantata, ha lasciato una descrizione particolare di Tristan che riportiamo a conclusione della sintesi ermeneutica su questo dramma sublime: il Tristan-Akkord «È il pensiero musicale simbolico che si indica come motivo del desiderio e che nella simbologia del Tristan significa l’inizio di tutte le cose, come nella Tetralogia il mib segnala l’inizio del motivo del Reno. È la volontà di Schopenhauer, rappresentata da ciò che chiama punto focale della volontà, il desiderio d’amore». (7) La brama amorosa e l’assoluta opacità del nulla, concetti assolutamente schopenhaueriani, vengono evocati dalle innovazioni armoniche e orchestrali.

La strumentazione delle prime battute dell’Einleitung rispecchia la tipologia wagneriana con il violoncello che esprime, in pianissimo e con un piccolo crescendo, il tema sofferente sul quale si realizzano gli accordi con l’oboe, il clarinetto, il corno inglese e il fagotto; il colore è cenerino e l’atmosfera ovattata anche quando entrano gli altri strumenti. Poi il tessuto orchestrale si anima e la sonorità cresce, tutti gli strumenti partecipano a creare il dolce intreccio delle brevi figurazioni, ben bilanciate tra fiati e archi, ricche d’indicazioni dinamiche. Saranno quindi i violini e le viole, con veloci terzine ascendenti, mentre i fiati si accavallano con un fraseggio molto legato, a preparare il crescendo che porta alla conclusione, affidata a quasi gli stessi strumenti d’apertura, violoncello, clarinetto, fagotto, mentre l’oboe e il corno inglese sono sostituiti dal clarinetto basso, sfruttato magnificamente da Wagner per tutta l’opera, strumento che rende più profondo e denso il colore cinereo.

Il sistema dei motivi costituisce un aspetto epistemologico (8) similare a quello dell’uso delle tonalità o degli schemi ritmici. Non sono solo dei segnali sonori, come avveniva nelle opere del primo Ottocento e come sono ancora intesi dall’ortodossia wagneriana, hanno un valore conoscitivo profondo che irride ogni elencazione e classificazione, le quali non possono che fermarsi alla superficie segnaletica. La stessa concezione del Grund porta a escludere l’esistenza di tanti Motive. Ascoltando l’opera con la mente all’ordinamento di Hans von Wolzogen si rischia di concepire l’opera come un gioco di incastri, contravvenendo, fra l’altro, alla prassi della melodia infinita. La denominazione dei vari motivi risente del clima culturale dell’epoca, la loro designazione è più emotiva-sentimentale che tecnica, legata anche ad aspetti ideologici. Del resto non è facile nominare con certezza elementi allegorici se non tradendo il concetto stesso di simbolo che, per definizione, non può avere un significato letterale, strettamente aderente alla concretezza della realtà, ma è una figura aperta, traslata e per certi versi misteriosa, nominarla con precisione in ogni sua fase e aspetto è una fuorviante operazione da manuale.

Nell’introduzione sono già esposti tutti i Grundmotive principali che ritorneranno durante lo svolgersi degli atti. Da notare che né Tristan né Isolde hanno dei loro motivi veri e propri: il fatto che non vi sia concordanza negli esegeti sul nominare e a volte sull’individuare questi motivi già di per sé la dice lunga come quest’analisi nominalistica (9) abbia poco senso e sia fuori luogo, soprattutto in Tristan dove la musica va colta nel suo complessivo e inarrestabile fluire che simboleggia il flusso di coscienza che è uno zampillare di emozioni non razionalizzabili. La musica è un quid che si avvicina a un’esperienza religiosa, a qualcosa che lega l’uomo a ciò che lo travalica; l’esaltazione dei due amanti che si trasfigurano, oltrepassando ogni contingenza, la loro morte d’amore, sono momenti mistici, non ascetici ma sicuramente mistici ossia connessi al mistero, all’enigma arcano della Liebestod. (10)

Nell’Einleitung si presenta dapprima il motivo dell’amore o detto anche della confessione, si tratta di una frase di quattro note affidata ai violoncelli che esce fuori dall’ombra, in un pianissimo in 6/8; segue quello del desiderio, espresso dal gemito degli oboi, clarinetti, corno inglese e fagotti, che sarà un motivo che permeerà l’intera tessitura del lavoro; questi motivi sono ripetuti quattro volte e intercalati da silenzi; quindi compare il motivo dello sguardo (ancora ai violoncelli) tutti fortemente cromatici. Dalle profondità dell’orchestra il clarinetto basso e i fagotti intonano i lugubri suoni del motivo del filtro di morte. A battuta 25 compaiono uniti i motivi del filtro d’amore e del filtro di morte, segue il motivo dello scrigno magico e quello della liberazione nella morte (una scala ascendente di biscrome che viene ripetuta 10 volte, a sottolinearne il carattere ossessivo). La sonorità cresce d’intensità, attraverso varie espressioni, per poi tornare alla stagnante tensione iniziale, che predispone l’ascoltatore in uno stato d’inquietante attesa. Non v’è dubbio che questa introduzione racchiuda in sé la sintesi del dramma.

Nell’interpretazione musicale è fondamentale controllare le dinamiche che rappresentano la sottilissima nuance espressiva, sfumature delicatissime che delimitano l’impercettibile confine fra l’amore e la morte. Importante è dare il giusto respiro al fraseggio e ai momenti sospensivi che simboleggiano l’enigma della vita. Lo Sehnsucht, così importante per la Frühromantik, ritorna in quest’opera quale Stimmung fondamentale, così com’è presente la musica notturna del primo Romanticismo e la letteratura del profondo. Nell’Einleitung come in tutto il corso della partitura si trovano splendidi momenti di musica minuta che è complementare a quella robusta, aspetti che hanno la stessa raffinatezza armonica e timbrica della musica da camera (il Wagner del solo gesto eclatante appartiene a interpretazioni legate alla retorica del periodo proto hitleriano).

La forma dell’introduzione è piegata ad arco discendente, comincia sommessa, Lento e languente è scritto in paritura, poi s’innalza in un grido di passione, ‘animando’, e quindi ritorna al languore iniziale, poco a poco ritenuto. È una forma arcuata verso il basso, a differenza di quella del preludio di Lohengrin che si conclude con una consonanza luminosa, mentre questa non ha un vera conclusione e le note che portano alla prima scena senza soluzione di continuità sono dissonanti. Nell’arte della transizione Wagner si dimostra davvero insuperabile. È una musica del divenire, organica e avvolgente, affetta da ogni più piccolo singulto. La strumentazione è morbida e impastata, mai grossolana anzi è perfino asciutta; straordinaria è la capacità di trasfigurazione dei timbri che comunicano il flusso di coscienza, sempre a cavallo fra desiderio d’amore e desiderio di morte: una passionalità sottile e complessa, drammatica e dolce che non si era mai ascoltata nella storia del teatro d’opera fino a Tristan. (11)

I motivi dell’inizio, diversamente nominati, esprimono il desiderio d’amore che via via diventa presagio di morte, un desiderio dapprima fiammeggiante che poi diviene più cupo; l’iniziale motivo del desiderio, che era intonato da violoncelli e oboi, è suonato dai contrabbassi: l’amore si abbandona alla notte ultramondana, a quel luogo da cui proveniamo e nel quale torneremo, luogo sconosciuto e indicibile, come a Kurwenal racconta Tristan appena svegliato dopo l’agonia, nel terzo atto: «Dov’io mi sono trattenuto / non te lo posso dire. […] Io ero /dove sono sempre stato, / dove per sempre tornerò: / nell’ampio reame / della notte dei mondi. Solo un sapere / colà è nostro: / il divino eterno / originario oblio!» È il luogo, dove giacciono gli avi, dove riposano gli affanni che dagli avi sono passati a noi: «Con l’angoscia di mio padre, / col soffrire di mia madre, / con lagrime d’amore». Tristan naufraga nella dolce oscurità dei meandri marini, negli ignoti sentieri di una possibile vita futura, illuminati dalla stella dell’amore, sentieri che percorrerà non in solitudine ma assieme a Isolde. Tutto questo già ci narrano queste pagini sublimi.


            
Note
1) Cfr. CARLO DERI, Analisi del preludio di Tristan e Isolde, in Renzo Cresti, La Vita della Musica, VI ed., Feeria, Panzano in Chianti 2008, p. 385.
2) THEODOR W. ADORNO, Wagner – Mahler, pp. 54, 55.
3) ARNOLD SCHOENBERG, Funzioni strutturali dell’armonia, Il saggiatore, Milano 1967, p. 225.
4) JEAN-JACQUES NATTIEZ, Wagner androgino, Einaudi, Torino 1997. Cfr. in particolare il sesto paragrafo del capitolo Interpretare Wagner nell’era del dubbio, pp. 327-333.
5) DANIEL BAREMBOIM – PATRICE CHÉREAU, Dialoghi su musica e teatro, Feltrinelli, Milano 2008, pp. 122, 123, 125.
6) Cfr. HANS GRUNSKY, Symbolik un Aufbau der Tristanmusik, in AA.VV., Hundert Jabre Tristan, hrsg. Von Wieland Wagner, Emsdetten 1965, p. 41.
7) THOMAS MANN, Dolore e grandezza di Richard Wagner, in Mobiltà dello spirito e altri saggi, Mondadori, Milano 1997, p. 1059.
8) Già l’analisi è una traduzione del suono e della rappresentazione, il parlarne è una seconda traduzione, che toglie e aggiunge e che non può che spostare il piano delle relazioni e dei significati. L’opera esprime pienamente se stessa solo attraverso il suono e la messa in scena, per cui è la ricezione diretta il momento privilegiato per la conoscenza. L’analisi esegetica degli studiosi, in particolare di quelli a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, insisteva troppo sulla descrizione dei vari Grundmotive, cercando di sezionare la fraseologia in micro temi e cadendo in inevitabili contraddizioni, come è stato rilevato da Stein nel suo studio sui motivi della Tetralogia; anche per Tristan si potrebbe evidenziare le diversità di analisi dei motivi, ma invece di scomporre occorrerebbe legare i momenti musicali in una fluida scorrevolezza del tutto, soffermandosi solo su alcuni motivi centrali e lasciandosi prendere dal movimento dei suoni poiché, solo così, possiamo essere avvolti dal flusso di coscienza ed entrare nell’oscurità profonda di quest’opera.
9) 50 sarebbero i motivi che i vecchi esegeti classificavano, elenchiamoli in ordine alfabetico: Motivo dell’amore, dell’angoscia, dell’appello d’amore, dell’attesa impaziente, della bevanda di morte, del canto di morte, della canzone di Moroldo, della canzone gaia del pastore, della canzone mesta del pastore, del cofanetto magico, della collera, del comando d’Isolde, del cordoglio di Marke, del desiderio del rivedersi, della desolazione, del destino, della disperazione, dell’eccitazione, della fama di Tristan, della fanfara di caccia del re, della felicità, del filtro d’amore, della gioia di Kurwenal, del giorno avverso, della gloria di Tristan, della glorificazione d’amore, della gratitudine, del grido della ciurma, del grido di esultanza, dell’inno alla notte, della liberazione, della maledizione, della maledizione dell’amore, di Marke, della morte, della morte liberatrice, del paese nativo, del pianto di morte, della pietà, della privazione d’amore, della rassicurazione di Brangäne, della religione della notte, del riposo d’amore, dello sguardo, della sofferenza, del sogno d’amore, della solitudine, della traversata, di Tristano e del volere di Isolde.
10) Paul Lawrence Rose scrive, nel suo libro Wagner: Race and Revolution, che la morte d’amore sarebbe la redenzione dal giudaismo, di cui Melot ne incarna il simbolo negativo, violento, traditore, materialista e soprattutto egoista che non sa concedersi all’amore per
11) Eppure da Don Giovanni in avanti, soprattutto con la fioritura delle opere romantiche, l’armonia era diventata assai ricca e molti sono gli esempi in cui questo parametro si amalgamava e si completava con quello timbrico, così come tantissime sono le dimostrazioni di contiguità e coesioni fra la musica dell’orchestra e quella delle voci, ma nessuna opera aveva proposto quella perfetta concordanza di trasfigurazioni armonico-timbrico-espressive come Tristan.



Da Renzo Cresti, Richard Wagner, la poetica del puro umano, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2012.



 



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