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Arte e società
Arte e società



Se l'arte fosse per se stessa politica il problema dell'arte impegnata risulterebbe inesistente. Sarà opportuno distinguere fra impegno e tendenza. La cosidetta arte autonoma o formale o art pour art non è certo disimpegnata perché ogni gesto artistico è comunque un gesto che ha un significato semmai è arte non tendenziosa. Come dice Aldo Clementi "è solo al semplie e puro mestiere" (1) che si può richiedere l'impegno in senso etico e non ideologico. Nell'accettazione di una prassi artigianale vi è un'etica, un impegno latente che si pone anche come coscienza sociale.

Nella Nuova Musica del trentennio 1945-75 l'incomunicabilità dell'opera è la tragica esemplificazione di una società alienata e alienante. Il musicista traspone nella materia il proprio fine, l'umano e il linguistico non si identificano. Occorre eccedere il dicibile questo si mostra, ma non si spiega. L'io penso cartesiano viene sostituito dall'esso pensa nicciano, la terza persona, l'Es, come soggetto.

Qualsiasi ricerca sociale sulla musica si è sempre trovata a una scelta: per lo più s'intende la sociologia della musica come un'analisi sulle circostanze economiche e politiche, sulla diffusione dell'opera e i canali di ricezione etc., studi che consistono in una serie di inchieste di tutti i tipi; altrimenti si tenta un approccio all'opera vera e propria ma ci si arresta di fronte al problema del contenuto, si è sfiduciati che si possano condurre delle argomentazioni dell'uomo nella società partendo dalla forma, dallo stile, dalle tecniche musicali. Si continua ad agguerrisrsi sulla sovrastruttura. Il problema viene superato se si considera il valore musicale ed estetico dell'opera non come qualcosa che si aggiunge o si sovrappone al valore sociale ma come fatto sociale esso stesso.

L'opera non è la semplice continuazione della società con altri mezzi, la musica non è specchio della società e neppure il sociale diviene direttamente visibile in essa, ma musica e società s'incontrano mediamente e la forma, lo stile e la tecnica del compositore ne sono l'anello di congiunzione. La decisione che la musica sia o meno ideologia si prende nei centri stessi della sua costruzione, è il come l'opera viene costruita che ci fa capire il senso sociale non tanto le finalità dichiarate.

Per Adorno la musica ha un duplice carattere in quanto si presenta sia come compiuta oggettività, finita nella sua immanenza, in sé, sia come oggetto culturale che si collega a situazioni extra musicali e quindi sociali. Quando l'arte tenta la strada dell'impegno immediato è destinata a fallire, poiché, venendo meno l'autonomia dell'opera, viene a mancare quella distanza dall'epirico  che permette la più autorevole (nel senso di meno partigiana) critica sociale. La cosidetta art engagé annulla lo spazio che la separa dalla realtà, spazio vitale per rendere efficace la critica e condizione indispensabile per renderla autentica. Il concetto stesso di arte si precisa e si determina con l'annullamento dell'immagine tendenziosa, dell'opinione di parte.

La profondità è una mera metafora spaziale/spirituale in cui l'ascoltatore romantico organizza il suo ascolto che viene distolto dall'oggetto autentico ossia la musica stessa per orientarsi verso fantasie estetizzanti. L'ascolto emotivo si basa su una dimensione psicologica e sentimentale che comporta la distruzione dell'opera in una pluralità di momenti irrelati. L'ascoltatore emotivo è incapace di un vero rapporto con l'opera e si indirizza solo verso alcuni parametri del discorso musicale (di solito è la melodia ad essere privilegiata).

L'intendere l'arte come un qualcosa che sta al posto di qualcos'altro è demagogia. L'atteggiamento passivo di chi si abbandona all'immaginazione non è l'atteggiamento del buon ascoltatore ma la condotta del consumatore nella sua funzione sociale che è funzione consolatrice. La musica non interessa alla società per il suo valore artistico ma come portatrice di illusioni, musica che aiuti a sognare, ad evadere, a divertirsi, a trascorrere il tempo libero. E' la funzione l'elemento centrale non il valore artistico, per questo la musica pop ha il totale sopravvento, occupa oltre il 90% del consumo. La musica pop non pone problemi di forma, di struttura, di articolazione evoluta quindi evita la problematica del valore artistico e si rivolge direttamente a un ascolto emozionale, per questo la musica leggera è quella che meglio si adatta alle strategie di mercato.

I mass media hanno coinvolto un gran numero di persone all'ascolto della musica ma questa viene fruita come prodotto edonistico. I mass media non sono portatori del valore della musica ma della sua mercificazione (purtroppo questo sta riguardando non solo i mass media ma anche i teatri, gli Enti lirici, le associazioni dove la programmazione della solita musica è in funzione del botteghino).

Solo un'educazione serie e costante, che abbia inizio dalla scuola elementare può avvicinare la gente alla comprensione della buona musica, a saper discernere la musica vera e sincera da quella fatta per il mercato, ad avere una coscienza critica che diventa anche coscienza sociale.



Note
1) Aldo Clementi, in Musica e politica, a cura di Mario Messinis e Paolo Scarnecchia, Settore Musica della Biennale di Venezia, Marsilio, Venezia 1977.



Da Renzo Cresti, Le parole più calme, in rivista del Centro Musicale Fiorentino, Firenze aprile 1979.







Renzo Cresti - sito ufficiale