Nietzsche, il suo rapporto con Wagner e le influenze sulla Nuova Musica
Il rapporto Wagner-Nietzsche, un archetipo ermeneuticoPiù sotto La Nuova Musica sotto il segno di Nietzsche e Wagner nei filtri di Nietzsche
L’8 novembre del 1868, a Lipsia, in casa della sorella Ottilie sposata Brockhaus, Wagner aveva incontrato per la prima volta Nietzsche che fu invitato a Tribschen. Il filosofo aveva appena ascoltato, in ottobre, I Maestri cantori, ma conosceva spezzoni di altri drammi wagneriani nella revisione per canto e pianoforte e aveva fatto partecipe, pochi giorni prima di incontrare personalmente Wagner, del suo entusiasmo l’amico Rohde.
Il 17 maggio 1869, vigilia di Pentecoste, vi fu la prima visita di Nietzsche a Tribschen, entrò nella villa nella quale certamente notò l’acquerello di Bonaventura Genelli, Dioniso fra le muse. Il Meister, come Friedrich chiamava Wagner, gli parlò della tragedia greca e della sua concezione dell’unitarietà del dramma; il giovane filologo ne rimase talmente impressionato da identificare Wagner in Eschilo e di partire dalle suggestioni ricevute in quella che lui chiamò ‘l’isola dei beati’ per scrivere La nascita della tragedia. Appena ripartito da Tribschen, Nietzsche sentì il bisogno di confessare a Wagner quanto lui fosse già stato importante: «I momenti migliori e i più elevati della mia vita sono infatti legati al Suo nome, e conosco soltanto un altro uomo, ch’è poi il suo grande fratello nello spirito Arthur Schopenahuer, al quale penso con la stessa venerazione».
Nietzsche divenne subito intimo di casa Wagner, tanto che gli fu riservata una camera. Fra le tante discipline culturali che la mente inesauribile di Wagner coltivava c’era la filosofia, una necessità di speculare sui fatti della vita che lo aveva portato a scrivere numerosi saggi e a sostanziare i suoi drammi con acute riflessioni che toccavano addirittura l’ontologia. La prosa di Nietzsche lo affascinò, gli sembrava di ascoltare un’orchestrazione delle sillabe, una magia della frase che diventava musica, proprio quello che stava facendo anche lui nei suoi libretti.
Il ventiquattrenne Nietzsche, appena nominato docente di filologia classica all’università di Basilea, si recò ben 23 volte in visita a Wagner a Tribschen, subendo l’influenza di un maestro maturo qual’era Wagner (31 sono gli anni di differenza fra i due), ma anche il carattere pronunciato di Cosima, la quale era in attesa di Siegfried che partorirà il 6 giugno. Cosima fu per lui, «L’unica donna di stile superiore» che egli avesse conosciuto e di cui si fosse segretamente innamorato.
Erano tutti tedeschi emigrati in terra svizzera e avevano molti argomenti in comune su cui parlare, i temi delle loro conversazioni si deducono dalla corrispondenza fra Nietzsche e Cosima. Le oltre 150 lettere parlano del teatro classico e di quello moderno, di Schopenhauer e di Burckhardt, della riforma del teatro wagneriano, ma anche dell’Italia e del Concilio del 1869, di Mazzini e Leopardi, argomenti sui quale pareva esservi concordanza di opinioni e di sentimenti. Cosima faceva anche osservazioni sugli scritti di Nietzsche, consigliandolo di non abbandonare la filologia, ovviamente non poteva immaginare quale strada avrebbe intrapreso il ‘filosofo col martello’.
La confidenza di Cosima con Friedrich arrivò al tal punto che lo incaricò di comprare i regali di Natale. Fu in questo periodo che il giovane s’innamorò dell’intelligente Cosima che, da parte sua, ben sapeva come prendere le persone dal punto vista intellettivo. Che sotto la rottura fra Wagner e Nietzsche vi fosse anche l’inconfessato e disperato amore per Cosima pare probabile. Negli ultimi anni di vita di Nietzsche vi sono diversi biglietti in cui compare il nome di Arianna, sotto il quale la mente malata del filosofo identificava Cosima, che confidò alla sorella di Nietzsche di aver ricevuto un biglietto con scritto «Ariane, io ti amo! Dioniso».
Certo i motivi estetici, filosofici e politici furono determinanti nell’avvicinamento e nell’allontanamento fra Wagner e Nietzsche, una vicinanza che iniziò a incrinarsi già l’anno successivo, quando scoppiò la guerra con la Francia e a Tribschen si parteggiava acriticamente per i prussiani, mentre Nietzsche era costretto al servizio miliare che odiava. Il filosofo espresse la facile previsione di un’ondata di militarismo e nazionalismo, nella quale fu trascinato anche Wagner.
Si è scritto troppo su Wagner, fuor di misura perché a lui – musicista sommo – si sono interessati i non-musicisti, prendendo per aspetti essenziali la drammaturgia, i libretti, i suoi scritti teorici, sociali, politici, la sua vita, non riuscendo a compire l’operazione fondamentale ossia di collegare tutto questo alla musica, la sola che ne giustifica l’importanza. Non è un caso che il contributo maggiore, al quale tutti gli altri si sono ricollegati, riprendendone le idee o rifiutandole, fu di un musicista. Nietzsche iniziò a prendere lezioni di pianoforte all’età di nove anni.
Il primo incontro con la musica, il bimbo Friedrich lo ebbe nella canonica del padre, Karl Ludwig, insegnante di teologia luterana e buon pianista (nato nel 1813, lo stesso anno della nascita di Wagner), come lo era anche il nonno materno nella cui abitazione si praticava la Haus-Musik con regolarità. La madre, Franziska Oehler, cantava nei cori di dilettanti; è sorprendentemente curiosa la notizia che la madre di Nietzsche fosse consanguinea di quella di Wagner![1]
Alla fine di gennaio 1850, la famiglia Nietzsche si trasferì a Naumburg, qui Friedrich frequentò il ginnasio e si entusiasmò sempre più alla musica; imparò le prime sonate di Beethoven e studiò armonia. Se si eccettua un frammento del 1854, le prime composizioni risalgono al 1856, si tratta di tre sonate pianistiche, alle quali seguiranno una Sinfonia per il compleanno per coro e pianoforte e una Ouverture per orchestra d’archi. Negli anni successivi, con regolarità fino al 1867, Nietzsche compose soprattutto per il pianoforte, in uno stile vicino a quello dell’Albumblatt; è interessante notare, in prospettiva del suo innamoramento della musica wagneriana, che questi brani sono concepiti armonicamente, si sviluppano principalmente per successioni accordali e non per melodie accompagnate (non casualmente uno dei suoi autori preferiti fu Liszt).[2]
Nell’autunno del 1858, Nietzsche prese lezioni di canto e l’anno successivo iniziò a svolgere l’attività di musicologo. Studiò Hölderlin e ovviamente la lirica greca che poi trasferirà in alcuni suoi Lieder, come in Mein Platz von der Tür, nel quale la struttura del verso risulta composta dal metro gimbico; questo Lied risale al 1861, anno in cui Gustav Krug fece conoscere a Nietzsche Tristan nella versione pianistica di von Bülow (ammiratissima da Friedrich). Anche il frammento del poema sinfonico Ermanarich è del 1861, brano che si sprigiona dalle suggestioni appena ricevute dall’ascolto della Dante-Symphonie di Liszt. Vi è l’uso del Leitmotiv ma soprattutto è la parte armonica a destare interesse.
Nietzsche ha una reale sensibilità per la scelta di un’ambiguità modale costante. Infatti il modo maggiore e minore sono spesso integrati, per cui il senso della tonalità risulta indeciso. Questa indeterminatezza di centro tonale affermativo si ritrova nelle chiuse delle cadenze sospese sulla dominante (sulla sottodominante o addirittura su altri gradi) e nelle conclusioni su accordi incompleti.[…] Uso costante della sesta napoletana e della sesta aumentata con funzione di armonie sottodominanti. […] Il frequente tendere verso lo sconfinamento della tonalità risulta obiettivo di cosciente ricerca anche perché ottenuto (o tentato) con procedimenti musicali diversi: nell’Ermanarich con accordi dissonanti (quinta aumentata, risoluzioni mancate etc.); nella Grosse Sonate mediante l’abolizione di scale che non generano i rapporti armonici tradizionali; nell’abbozzo di Manfred con procedimenti di scivolamente cromatico su note di pedale estranee aalle armonie.[3]
La riflessione musicale di Nietzsche si fondava dunque su una conoscenza precisa e praticata del pensare e fare musica, competenze senza le quali la speculazione si fa astratta e può prendere tutte le strade, anche quelle lontani dall’oggetto sul quale si vuole riflettere. Dal 1864, la padronanza musicale di Nietzsche fu eccellente, come dimostra il ciclo dei 12 Lieder, forse il suo capolavoro. Quando incontrerà Wagner, Nietzsche sarà dunque, malgrado la sua giovane età, non solo un filologo e un filosofo formato, ma anche un ottimo musicista, capace di entrare, in maniera puntuale, nelle problematiche wagneriane.
Due esegeti della filologia, Vischer di Basilea e Ritschl di Lipsia, avevano riconosciuto in Nietzsche un genio. L’università di Lipsia lo laureò e quella di Basilea lo chiamò all’insegnamento, era il 13 febbraio 1869 (il 13 febbraio sarà anche il giorno della morte di Wagner), Nietzsche aveva solo 24 anni. L’8 novembre dell’anno precedente aveva incontrato per la prima volta Wagner, il quale lo invitò a Tribschen, qui nacque un’amicizia fatale, che profuse energie a Wagner per alcuni anni e a Nietzsche per tutta la vita, anche se sempre più negative.
Già nelle conferenze di Basilea, che Nietzsche tenne nel 1870, si nota un’influsso diretto di Wagner; il giovane filosofo fa riferimento al concetto di Musikdrama e insiste sul valore assoluto dell’armonia, capace di saltare i limiti della razionalità discorsiva per andare a carpire i segreti dell’essere. Tristan docet.
La nascita della tragedia venne messa a punto sicuramente dopo le sollecitazioni avute da Wagner; Nietzsche aveva già lavorato sul tema, con gli scritti Dramma musicale greco e Socrate e la tragedia (entrambi dell’inizio del 1870), ma è solo dopo gli incontri con Wagner che ripensò la tematica e scrisse il nuovo saggio. Sono Schopenhauer e Tristan i cardini della riflessione e attraverso essi individua bene i cambiamenti estetici di Wagner da Opera e dramma a Beethoven,[4] scrive Nietzsche: «Nel Tristan, fra la nostra più alta emozione musicale e la musica s’insinuano il mito tragico e l’eroe tragico, quale simboli delle verità più universali, di cui la musica sola può parlare per via diretta. Quale simbolo tuttavia il mito resterebbe inefficace. […] L’apollineo ci strappa all’universalità dionisiaca e ci attrae verso gli individui».[5] Mito, simbologia, puro umano, dionisiaco e apollineo, affettività concreta verso la sofferenza degli individui, capacità di esprimere l’universale e il concettuale, primordialità della cultura del popolo e modernità, tutto questo Wagner lega insieme, egli incarna il nuovo drammaturgo e apre la via verso la rinascita della potenza tragica che aveva la tragedia greca. «Dal fondo dionisiaco del popolo tedesco è sorta la musica tedesca […] quale si presenta nel grandioso corso celeste da Bach a Beethoven, da Beethoven a Wagner». Affermazioni che, se sfrondate dalla retorica, hanno del vero poiché il Wagner che Nietzsche aveva conosciuto possedeva realmente la capacità sublime di legare assieme l’espressione dell’universale puro umano e lo strazio realistico del singolo uomo: Tristan, Siegfried e Wotan sono indubbiamente personaggi della stessa forza drammatica di quelli dell’antica tragedia greca. Nietzsche aveva visto bene, ma non era l’unica prospettiva ermeneutica, altre ve ne erano e il filosofo, con intuizioni geniali e preveggenza, riuscirà a coglierle.
Molti anni dopo, nel 1886, Wagner era morto da tre anni, Nietzsche scisse il Saggio di una critica di se stesso, in cui definisce La nascita della tragedia un libro «problematico» che gli sembrava «intollerabile».[6] Erano già dieci anni che il filosofo si era allontanato dal compositore. Tre furono i motivi sostanziali di questo allontanamento: il progressivo rifiuto di Schopenhauer e del concetto di compassione, l’ostilità nei confronti della religione, l’ambiente nazionalista e antisemita di Bayreuth. La versione definitiva del Ring era l’apologia della filosofia schopenhaueriana e veniva rappresentata in un ambiente che Nietzsche detestava (non riconoscendo più nell’entourage di Bayreuth quel meraviglioso ecosistema che regnava a Tribschen), Parsifal poi era quanto di più lontano dalla filosofia che Nietzsche aveva e stava elaborando (fino all’esplicito saggio L’anticristo).
C’è nell’atteggiamento di Nietzsche qualche cosa che imbarazza anche un conquistatore d’anime esperto come Wagner. Alle aperte insistenze di Tribschen per averlo spesso, per conquistarlo tutto, oppone un riserbo ch’è istintiva difesa della sua libertà interiore, ma che il maestro non sa capire. […] Le gite a Tribschen si ripetano e si prolungano: 23 in 3 anni, conterà Nietzsche nei giorni amari del distacco. […] Nietzsche trova necessaria la legittimazione dell’unione di Wagner con Cosima; quando conduce sua sorella a Tribschen non osa dirle nulla dell’illegalità dei rapporti del maestro con la sua donna, nulla della figlioletta nata dal loro amore. Ma Wagner finirà nella morale ascetica e con Parsifal, Nietzsche nell’immoralismo e con l’inversione dei valori. […] Frutto del perfetto consenso dei due grandi spiriti nel proposito della rieducazione della nazione attraverso l’arte, è La nascita della tragedia, la prima opera di grande respiro, quella su cui Wagner esercitò maggiore influenza. Ma di quello spirito sono impregnati anche il Beethoven di Wagner, scritto sulla fine del ’70, e la sua Destinazione dell’opera che segue subito.[7]
All’inizio il giovane filosofo e il maestro sembravano avere la stessa visione del mondo e dell’arte, ma la priorità cronologica nell’esprimerla spettava a Wagner che ebbe nei confronti di Nietzsche una funzione maieutica, come dimostrano La nascita della tragedia e la Quarta considerazione inattuale; fu anche questa iniziale preminenza del pensiero wagneriano a determinare in Nietzsche un inconsapevole fastidio che divenne sempre più forte fino a esplodere in un’intollerabile avversione.
Nell’estate del 1876 Nietzsche pubblicò Richard Wagner a Bayreuth che, fin dal titolo, dimostra la sua occasionalità, il fatto cioè di non essere, come le altre Considerazioni inattuali, una riflessione sulla Weltanschauung, ma uno scritto steso per un’esplicita glorificazione di un’impresa della quale «Non ci furono segni precursori, non graduazioni, non mediazioni; nessuno tranne Wagner, seppe la lunga strada verso lo scopo e lo scopo stesso».[8] Non mancano accenni al rapporto infuocato e decisivo fra musica e vita e al Wagner quale artista rivoluzionario che ha saputo trarre linfa dal popolo, «Dal fondo dionisiaco del popolo tedesco» come aveva scritto ne La nascita della tragedia, un popolo che, di lì a poco (in realtà da qualche anno), verrà tradito (ma in maniera problematica) da Wagner, perderà la sua caratterizzazione universale per diventare nazionalismo; Wagner si rivolgerà (si era già rivolto) alla classe privilegiata dei ricchi borghesi, per creare i circoli pro Bayreuth. Il saggio nietzschiano si pone dunque al confine.
Wagner rappresenta l’«Essenza del drammaturgo ditirambico», ma si affaccia anche un concetto che avrà molta fortuna nella critica wagneriana futura, da Mann in avanti, quello del dilettantismo: le conoscenze delle varie discipline si potrebbe pensare che si adattino più a un erudita che a un artista, ovviamente Wagner sa trasfigurarle in un’opera d’arte, ma la parola ‘dilettante’ è strisciante.
Vi è un altro concetto che ora è inteso in maniera positiva e che poi volgerà il suo segno verso la negatività, è quello di ‘morale’ su cui Nietzsche insiste e insisterà moltissimo. «Ne L’anello del Nibelungo trovo la musica più morale che io conosca»;[9] ancor più che negli antichi greci, che si basavano sugli schemi della cosiddetta teoria dell’ethos, Wagner coniuga etica e pathos, l’unico compositore che, dopo Beethoven, si sia assunto il compito «Di far sì che il pathos si esprima con i mezzi dell’ethos».[10]
Quello che sarà uno dei motivi conduttori della stroncatura – l’essenza di Wagner sta nella sua natura di attore, di commediante – è già presente nello scritto panegirico Richard Wagner a Bayreuth, sia pure paludato nell’attributo di “drammaturgo ditirambico”. Nonostante che le critiche in profondità a Wagner fossero cominciate prima ancora di questo periodo (se ne trovano tracce nei frammenti postumi all’inizio del 1874 e anche prima), Nietzsche si dimostra geniale nell’individuare i punti di forza, le capacità di seduzione del fenomeno Wagner. […] Fatica snervante con cui viene condotto a termine questo scritto. I quaderni preparatori lo provano.[11]
Straodinaria è la capacità di Nietzsche di capire che la musica di Wagner è un’immagine del mondo che descrive «passioni in diverse direzione»[12] ossia la musica wagneriana è talmente ricca di senso che suscita interpretazioni infinite e solo quando se ne percepisce la loro unità complessiva ci si avvicina al messaggio della musica, della musica sottolinea Nietzsche che è in grado non solo di comunicare tutte la passioni umane ma anche di dar voce alla natura: «Di Wagner musicista si potrebbe dire in generale che ha dato un linguaggio a tutto ciò che nella natura non aveva ancora voluto parlare: egli non crede che ci debba essere qualcosa di muto».[13] Per esprimere le voci segrete dell’uomo e della natura, la musica di Wagner è in eterno divenire, un flusso di suoni talmente flessibile che «Tutta la musica precedente, misurata su quella wagneriana, sembra rigida».[14]
Non v’è dubbio che il dramma amatissimo da Nietzsche sia Tristan und Isolde, il vero opus metaphysicum di tutta l’arte, «Con la sua insaziabile, dolcissima nostalgia dei misteri della notte e della morte».[15] Sono citate, con ammirazione, anche i drammi precedenti come L’Olandese volante, Tannhäuser e Lohengrin, oltre a I Maestri cantori di Norimberga; ma è sul Ring che Nietzsche si sofferma lungamente, fornendone anche una sintesi della storia (che riprenderà ne Il caso Wagner): «Ne L’anello del Nibelungo l’eroe tragico è un dio il cui animo è assetato di potenza, e che, percorrendo tutte le vie per ottenerla, si lega con patti, perde la sua libertà e viene implicato nella maledizione che pesa sulla potenza».[16]
Richard Wagner a Bayreuth fu letto solamente da Cosima, in una sola notte, Richard salutò lo scritto con entusiasmo ma mai lo lesse, almeno questa è la versione ufficiale del biografo di Cosima Du Moulin Eckart; è probabile che, oltre a parlarne con la moglie, Wagner sfogliasse il libro a lui dedicato, senza cogliere alcune sottili distinzioni che invece Cosima colse, con fine fiuto psicologico. Nella prefazione all’edizione del 1886 di Umano, troppo umano, Nietzsche scrisse che Richard Wagner in Bayreuth era in realtà un «congedo», non ancora cosciente perché «finchè si ama non si osserva»; dall’amore si passò all’osservazione: «Nell’osservare c’è già una misteriosa opposizione, quella del guardar di contro». Nietzsche prosegue.
In realtà era giunto il momento di prendere congedo: tosto ne ebbi anche la prova. Richard Wagner, in apparenza il più vittorioso, in verità un romantico disperato divenuto marcio, si abbattè improvvisamente, vinto e spezzato, davanti alla croce cristiana. […] Cominciai col vietarmi radicalmente per principio ogni musica romantica, quest’arte equivoca, smargiassa e afosa, che priva lo spirito del suo rigore e della sua gaiezza.[17]
La gaia scienza è alle porte, così come la messa a punto del concetto di decadenza, più volte ripreso. Wagner appare come l’attuale, in realtà, scrive Nietzsche, altro non è che la punta di un iceberg malato, che affiora dal mare magnum di un Romanticismo sempre più crepuscolare, occorrerebbe dunque essere inattuali per star fuori da un’«arte equivoca», compromessa non solo in quanto arte ma moralmente (la contrapposizione fra essere attuale e inattuale riguarderà poi il binomio Richard Strauss-Gustav Mahler).
Dopo esser stato a Bayreuth, il 27 agosto 1876 Nietzsche rientrò a Basilea. Dal 27 ottobre, insieme a Bex e a Paul Rée, si recò a Sorrento, qui incontrò i Wagner, ma la complicità fra loro era sparita. Nel gennaio dell’anno successivo, Nietzsche apprese con freddezza del primo numero dei «Bayreuther Blätter»; nel terzo numero di questa rivista, nell’articolo Pubblico e popolarità, Wagner attaccherà Nietzsche, pur senza nominarlo.
Nell’aprile il medico Otto Eiser, un wagneriano, invitò Nietzsche a tenere una conferenza presso l’associazione wagneriana di Francoforte, ma Nietzsche rifiutò; fu un segnale esplicito del voler prendere le distanze dall’amico un tempo così amato, anzi venerato. Il 3 gennaio pervenne a Nietzsche Parsifal, «più Liszt che Wagner» fu il suo commento. Nello stesso mese inviò il manoscritto di Umano, troppo umano all’editore Schmeitzner che lo farà uscire in maggio. Durante l’estate, l’editore che frequentava casa Wagner, scrisse a Nietzsche: «Wagner ne ha lette poche righe e poi l’ha messo da parte, “per non sciupare la bella impressione dei suoi scritti passati” ha detto».[18] Poco dopo Cosima, in una lettera a Marie von Schleinitz, scrisse che il libro di Nietzsche aveva fatto un’impressione molto triste e che Wagner disse di Nietzsche: «Da questo bulbo è nato un fiore e ora è rimasto solo il bulbo, in verità piuttosto laido».[19]
In Ecce homo, Nietzsche ravvicina volutamente le date per creare la metafora di un incrociarsi esplosivo dei due lavori, la partitura di Parsifal che gli arrivava contemporaneamente a quando Umano, troppo umano arrivava a Wagner; era un modo per sottolineare il significato dello scontro. L’attacco alla concezione che sorregge Parsifal non potrebbe essere più esplicito: «Nessuna religione ha mai finora contenuto, né direttamente né indirettamente, né come dogma né come allegoria, una verità. Poiché ciascuna è nata dalla paura e dal bisogno e si instaura nell’esistenza fondandosi su errori della ragione».[20] Ma l’attacco frontale di Nietzsche a Wagner non si svolse solo sul piano religioso e morale, ma anche su quello prettamente espressivo e stilistico, infatti, il filosofo parla di una «sensualità nervosa», di «un’essenza troppo femminea della musica», di «un’essenza patriottico-nazionale», di «uno stile sovraccarico», della «decadenza della ritmica».
L’intento artistico che la musica moderna persegue in ciò che gran forza ma anche con oscurità oggi viene definito melodia infinita, lo si può spiegare così: si scende in mare, a poco a poco si perde il passo sicuro sul fondo e alla fine ci si abbandona alla mercé dell’ondeggiante elemento: bisogna nuotare. Nella vecchia musica precedente si doveva, in un grazioso o solenne o focoso andirivieni, in un Presto o in un Lento, danzare. […] Alla musica di Wagner manca ciò che manca ai suoi scritti, la dialettica. Invece è assai grande l’arte dell’amplificazione. Le sue opere appaiono come masse accumulate di grandi idee; si vorrebbe un artista più grande che le elaborasse. Sempre teso all’espressione strema, in ciascuna parola, ma il superlativo indebolisce. […] Povertà della melodia e nella melodia in Wagner.[21]
La melodia infinita stordisce, allarga i confini e fa perdere i punti saldi di riferimento, soprattutto perché è poca cosa dal punto di vista della bellezza melodica, della cantabilità; l’ascoltatore viene travolto come nelle onde del mare e perde così anche il senso del ritmo. Inoltre c’è un eccesso d’intellettualismo che ostacola la musicalità, addirittura Nietzsche auspica l’avvento di un musicista «più grande» di Wagner (!) che meglio sapesse elaborare le idee. La forma, l’orchestra e i monologhi in Wagner sono sempre eccessivi e, annotazione giusta, «il superlativo indebolisce». Questi concetti verranno ripresi ed elaborati con veemenza sia ne Il caso Wagner sia in Nietzsche contra Wagner sia in numerose parte di altri scritti e daranno vita alla complessa esegesi successiva.
Nietzsche tornò, ossessivamente, sulla figura di Wagner, sul suo teatro e sulla sua musica e, soprattutto, su ciò che circondava la sua arte, sugli effetti ch’essa produceva sul pubblico. Nella primavera 1888 concepì Il caso Wagner che venne edito con la dicitura Lettera da Torino del maggio 1888; sono poche pagine ma densissime, fin dall’inizio quando si affermano i concetti di decadenza e di cattiva coscienza, concetti di cui Adorno farà tesoro (soprattutto del secondo) e non solo per la sua critica a Wagner ma anche per quella alla musica del Novecento. L’anno precedente, per l’esattezza il 27 novembre, Nietzsche aveva visto a Genova per la prima volta Carmen (dice di averla rivista per altre venti volte!)[22] «Con essa si prende congedo dall’umido nord, da tutti i vapori dell’ideale wagneriano. Da tutto questo già ci redime l’azione. Essa ha ancora di Mérimé la logica della passione, la linea più breve, la dura necessità: essa soprattutto possiede quel che è proprio delle regioni calde, l’asciuttezza dell’aria, la limpidezza».[23] La cultura tedesca e il Romanticismo sono visti come elementi patologici all’interno della cultura europea la quale, dalla Spagna di Carmen all’Italia in cui Nietzsche si trovava, dalla mitica Grecia alla raffinata Francia, rappresenta l’antidoto allo «stile della décadence», a un’arte insincera, «malata» e «isterica», «Wagner est une névrose».[24]
L’antitesi Bizet contra Wagner nasce dal vedere Carmen come un’opera solare, mediterranea, con forti contrasti passionali e uno spiccato senso del destino da tragedia greca, quel che Wagner aveva perduto. Nietzsche era consapevole della diversità fra l’importanza storica della musica di Wagner e quella di Bizet, del ben più decisivo valore dei drammi wagneriani rispetto alle opere del francese. Malgrado che la musica di Wagner offendesse, secondo Nietzsche, le orecchie delicate, il filosofo ne subì sempre quel fascino morboso e incantatorio che lui stesso aveva denunciato. Inoltre le orecchie di Nietzsche erano quelle di un discreto musicista, capaci di comprendere quanto e come Wagner era riuscito a realizzare con il suo dramma totale e con le innovazioni armoniche, timbriche, motiviche. Nei violenti attacchi del dopo Bayreuth, Nietzsche conservò l’impeto del primo amore, tanto da invocare le ragioni di una necessità fatale, quasi a giustificazione della rottura. Per attenuare il fortissimo dolore della separazione spesso Nietzsche lo addolcì con il soave gusto del rammemorare i giorni di Tribschen; la tinta pastello del ricordo non solo rende meno dura la sofferenza ma pone la vecchia amicizia al riparo degli attacchi che lo stesso filosofo le porta, è come se l’offensiva critica volesse significare l’irrinunciabilità della presenza. Wagner può essere aggredito ma mai ignorato, la sua musica, il suo teatro ma anche la sua figura rimane in un recinto sacro, di segno opposto a quello che poteva essere ai tempi dei primi incontri ma ugualmente imprescindibile.
L’ostentata ammirazione per Carmen va ad accavallarsi all’amore per l’operetta, per il cafè chantant, per le bande italiane, per tutta quella musica che non grava sullo spirito e sul pensiero, come quella che amano i tedeschi, i quali «Hanno bisogno del sublime, del profondo».[25] L’amore per la musica semplice, ascoltata liberamente e percepita immeditamente, senza riti e misteri, va di pari passo con la critica alla cultura tedesca e alla ricerca della libertà dai valori, da ogni scala di valori, per approdare all’assoluta libertà di Zarathustra, questa sì irreprensibilmente morale.
La musica di Wagner «Ha una pressione di cento atmosfere. […] Il suo pathos sconvolge ogni gusto, ogni resistenza», egli è ruscito a imporsi perché ha saputo prendere sul serio l’unica cosa a cui il tedesco tiene veramente, «L’idea, voglio dire qualcosa che è oscuro, incerto, carico di presagi. […] Divenne l’erede di Hegel, la musica come idea. […] Il suo giocare nascostamente sotto cento simboli».[26] Wagner si era sempre chiesto che cos’è profondamente tedesco, Nietzsche gli rispose in maniera inequivocabile, l’idea, espressa non in maniera chiara e razionale, come nell’amato Voltaire, ma sotto un manto di simboli che possono essere interpretati da ognuno pro domo sua. La musica come idea richiede non solo la simbologia ma pure il concetto, un’intellettualizzazione della struttura musicale che conquista i giovani tedeschi, a scapito della leggerezza e limpidezza del suono, della bellezza della melodia e della chiarezza della forma.
Nietzsche aveva conosciuto la straordinaria forza di volontà di Wagner, non gli fu difficile scrivere che volle diventare musicista, perché «il tiranno dentro di lui lo costringeva»; Nietzsche sapeva che Wagner «non era un musicista d’istinto» e che aveva bisogno del teatro per esprimersi: «La musica di Wagner, quando non sia presa sotto la protezione del gusto teatrale, un gusto molto tollerante, è né più né meno che cattiva musica».[27] Secondo il filosofo Wagner non pensa da musicista ma è attratto dall’idea, «erede di Hegel», dal «significato», mentre Nietzsche è attratto sempre più dalla forma e dallo stile, dalla semplicità espressiva e dalla limpidezza della struttura, in un ripiegamento su se stesso. Considerò l’arte sotto il punto di vista di una morale aristocratica, non quella del gregge che Wagner ammalia, ma quella razionale della Gaia scienza, quella luminosa di Aurora e, soprattutto, quella silenziosa di Zarathustra.
Il Fall Wagner, rimane un “problema per amatori di musica”. Ma certo non solo per essi: la prefazione famosa dichiara che “il filosofo non è libero di poter fare a meno di Wagner”. In altre parole il libello micidiale sussiste come l’indicatore più esatto del periplo compiuto, con Wagner, con quella entità sovranamente inafferrabile che i tedeschi denominano, con impetubabile aplomb, Spirito. Con le opere della maturità wagneriana, tale imprescrutabile essenza si muove in una nuova traiettoria, di cui sono caratteristici i meandri, involutissimi, della profondità: di essi, il Fall ambisce ad essere, ed è, una specie di paradossale Baedeker: svela, come un sistema di assi cartesiani, dove lo spirito indugi, o passi la notte.[28]
Wagner è il primo musicista che richiede consapevolmente alla propria musica di eccedere il livello tecnico-formale, per sollecitare ogni aspetto della cultura, per imporle l’extra, l’ideologico. Era da Beethoven che la musica non veniva più considerata solo un alto artigianato, lo stesso maestro di Bonn aveva oltrepassato il concetto classico di stile per richiedere alla musica il coinvolgimento culturale, civico, sociale e politico. I romantici vedevano nella musica uno straordinario veicolo espressivo sia a livello privato sia pubblico. L’operare si carica di responsabilità ben al di là della costruzione della forma, ma è solo con Wagner che la musica diventa qualcosa di diverso da se stessa, pur mantenendo l’autoreferenzialità strutturale. Wagner è musicista e… qualcos’altro, sollecitando molteplici capacità intellettuali, come faranno le avanguardie del primo e del secondo Novecento.
Nietzsche amò sempre più quella che definì «musica innocente», che pensa solo se stessa in profonda solitudine, non è un’adesione al formalismo di Hanslick, tutt’altro, l’innocenza sta per l’assoluta correttezza del pensiero, per l’ironia nei confronti di ogni compromesso e per la fiducia che la purezza della forma sia specchio di un candore interiore. Ma anche Wagner ha scritto musica solitaria, scrive Nietzsche nel capitolo Dove io faccio obiezioni in Nietzsche contra Wagner, va cercata nel mare magnum della sua orchestra istrionica e stordente, in lui predominò «La brutalità e l’artificio. […] Wagner è l’artista moderno par excellence, il Cagliostro della modernità. […] Maestro della presa ipnotica».[29Zarathustra è l’anti Parsifal.[30] Dio (del quale però mai si parla in Parsifal) è un’ipotesi non pensabile, quindi non serve ipotizzarlo. Il superuomo invece è concretizzabile, basta seguire l’etica che Nietzsche predica quella del leone; la prima concezione di Siegfried poteva essere quella che si avvicina alla forza della natura, di un essere che conosce la paura e la vince, forte e dionisiaco, amante dell’ebbrezza e sprezzante del pericolo, ben diverso dal pallido e immacolato Parsifal, portatore di un’etica molliccia da evirati. In Nietzsche contra Wagner il sarcasmo del filosofo arriverà al punto di proporre il Parsifal come soggetto ideale per un’operetta. Nietzsche è il filosofo dal virile impegno che va alla ricerca non di una presunta verità (auto) consolatoria, ma della dura verità che è quella della finitezza dell’uomo e dei suoi valori. Il Wagner di Parsifal sta all’antipodo, esprime un pensiero eclettico e confuso, soprattutto un vile pensiero liturgico. Troppi falsi simboli e troppi orpelli che appesantiscono le idee e l’immaginazione. Mentre per Nietzsche tutto ciò che è pesante deve diventare leggero, i pensieri più veri giungono sulle ali di una colomba.
Wagner fu l’inevitabile, il necessario, non solo per l’esperienza di Nietzsche ma per la storia della musica stessa la quale subì, dovette subire, l’ineluttabile imperativo del gesto e del suono che Wagner era riuscito a creare. Dopo Wagner pensare e fare musica non fu più lo stesso, questo Nietzsche, con la sua intelligenza irraggiungibile, con la sua cultura enciclopedica, con la sua preparazione musicale e soprattutto con il suo intuito geniale, comprendeva e abbracciava.
Per Wagner, Nietzsche non fu che un auditore d’eccezione, di un’intelligenza e di un’intuizione superiore a chiunque frequentava la casa di Tribschen. Il maestro non s’interessò mai veramente di comprendere il pensiero del giovane filosofo, lo vide come un compagno sulla via della musica dell’avvenire, lo amò fin che fu wagneriano, fin che gli fu discepolo fedele, poi lo abbandonò con rammarico e con dispiacere ma senza che la lontananza gli diventasse pesante come a Nietzsche.[31]
[1] LUISA MORADEI, La musica di Nietzsche, Zanibon, Padova 1983, p. 5: «Grazie alle indagini dello Janz, possediamo notizie più particolari e autentiche curiosità sulle origini familiari di Nietzsche. Max Oehler ha spinto le sue ricerche fino ad assegnare alla geneaologia di Nietzsche parentele e discendenti da uomini illustri. Sorprende la notizia che la madre di Nietzsche fosse consanguinea della madre di Wagner. L’antenato comune è il borgomastro di Saalburg, un tale Gaspar Spörel (Spörl) vissuto dal 1530 al 1600 circa».
[2] A Liszt rimase legato anche negli anni della maturità, nella raccolta di scritti Nietzsche contra Wagner, pubblicata nel 1888, il filosofo, in mezzo a una attacco feroce rivolto a Wagner, riconosce a Liszt «nobili immagini orchestrali».
[3] Idem, pp. 97, 98. Cfr. pure SIMONE ZACCHINI, Al di là della musica, Franco Angeli, Milano 2000 e il n. 41 della rivista «Civiltà musicale», La musica di Friedrich Nietzsche, LoGisma, Firenze 2000.
[4] Molti commentatori continuano a leggere l’estetica di Wagner degli anni di Tristan e successivi, come se Schopenahuer non fosse passato, come se ancora i principi teorici fossero quelli di Opera e dramma. Cfr AURELIO CANONICI, Musica e Sofia, problematiche filosofiche nell’opera di Richard Wagner, Le Cáriti Editore, Firenze 2009, p. 101: «A voler leggere bene tra le righe de La nascita della tragedia, vi si possono già scorgere i primi germi del futuro dissidio tra l’autore e Wagner. Nietzsche infatti considerava, e sempre considerò, la musica come l’arte per eccellenza, l’origine di tutte le arti, un’attività metafisica. La musica, in quanto espressione dello spirito dionisiaco e origine delle forze primordiali, è totalmente autosufficiente. Nel paragrafo 6 leggiamo che la musica non ha bisogno di unirsi a immagini e concetti, ma che semplicemente li tollera accanto a sé. Anche nel paragrafo 21 vi sono parole che sembrano sfuggire a Nietzsche come un lapsus, dove si dice che la musica è la vera idea del mondo, mentre il dramma, ovvero l’opera lirica, è al confronto solo un fantasma o un pallido riflesso». A parte che Nietzsche non «sempre considerò» la musica come «un’attività metafisica», anzi, vi fu una progressiva rivalutazione del concetto di forma (attraverso Brahms e Chopin); l’affermazione che la musica fosse «la vera idea del mondo» non è affatto un lapsus ma, dopo la lettura de Il mondo come volontà e rappresentazione, era condivisa da Wagner, espressa negli scritti di quel periodo e messa in pratica in Tristan.
[5] FRIEDRICH NIETZSCHE, La nascita della tragedia, in La polemica sull’arte tragica, Sansoni, Firenze 1972, pp. 168, 169, poi 160.
[6] FRIEDRICH NIETZSCHE, Saggio di una critica di se stesso, in La polemica sull’arte tragica, pp. 53, 56.
[7] ALDO OBERDORFER, Wagner, Mondadori, Milano 1960, pp. 406, 407.
[8] FRIEDRICH NIETZSCHE, Richard Wagner a Bayreuth, in Scritti su Wagner, 1979, p. 81.
[9] Idem, p. 86.
[10] Idem, p. 142.
[11] GIORGIO COLLI, Scritti su Nietzsche, Adelphi, Milano 1980, pp. 63, 64. L’illustre studioso nietzschiano scrive anche di Umano, troppo umano che «Non è da intendere come reazione, favorita dall’incrinatura dell’amicizia, a una visione del mondo fortemente influenza da Wagner, ma come posizione conquistata attraverso il mutarsi di pensieri che il legame con Wagner, pur avendoli dapprima suscitati, o comunque arricchiti, aveva alla fine ostacolati», p. 71.
[12] FRIEDRICH NIETZSCHE, Richard Wagner a Bayreuth, p. 144.
[13] Idem, p. 141.
[14] Idem, p. 143; Wagner parla anche degli scritti, che lesse con attenzione e dai quali prese non pochi spunti, infatti dichiara: «Non conosco scritti estetici che portino tanta luce quanto quelli wagneriani», p. 151.
[15] Idem, p. 129.
[16] Idem, p. 128, la descrizione di Nietzsche continua: «L’eroe tragico ha bisogno dell’uomo libero e senza paura che, senza il suo consiglio ed aiuto, anzi in lotta contro l’ordine divino, compia per conto suo l’impresa negata al dio: egli non lo vede, e proprio quando si risveglia una nuova speranza, deve obbedire all’obbligo che lo lega: di propria mano deve annientare l’essere a lui più caro e punire chi ha dimostrato la comprensione più pura verso la sua afflizione. Finalmente egli è preso dalla nausea per la potenza. […] Il suo occhio si posa sugli ultimi eventi con lo splendore di una dolorosa beatitudine, egli è diventato libero nell’amore, libero da se stesso». Ne Il caso Wagner, Nietzsche riprende il discorso sulla Tetralogia, ma con l’aggiunta di un’interessante spiegazione sul cambiamento dalla prima alla seconda edizione: «“Come si elimina la sventura dal mondo? Come si liquida l’antica società?” Si chiese Wagner. Soltanto col dichiarare guerra ai patti (alla tradizione, alla morale). Questo fa Siegfried. Comincia a farlo presto, molto presto: la sua nascita è già una dichiarazione di guerra alla morale – egli viene al mondo da un adulterio, da un incesto. […] Siegfried continua come ha cominciato: segue soltanto il primo impulso, rovescia tutto quanto è tramandato, ogni venerazione, ogni timore. […] Poi accadde una disgrazia. Lo scoglio fu la filosofia di Schopenhauer. Wagner mise radici in un’opposta visione del mondo. Che cosa aveva messo in musica? L’ottimismo. Wagner se ne vergognò. […] Tradusse l’Anello in stile schopenhaueriano», pp. 172, 173.
[17] FRIEDRICH NIETZSCHE, Umano, troppo umano e frammenti postumi, vol. II, Mondadori, Milano 1970, pp. 5, 6.
[18] GIORGIO COLLI - MAZZINO MONTANARI, La vita di Nietzsche, in Umano, troppo umano, vol. I, p. LV, LVI.
[19] Idem, vol. II, p. XIV, nella pagina seguente si legge: «Elisabeth Nietzsche tenta, di sua iniziativa, scrivendo a Cosima, di riconcialire suo fratello con Wagner. Dura risposta di Cosima (11 gennaio e 2 marzo): “Tu mi parli di equivoci e di maldicenze, carissima: niente di tutto ciò, bensì da parte nostra il massimo silenzio, un silenzio che non finirà. Il libro di tuo fratello mi ha colmato di dispiacere”».
[20] FRIEDRICH NIETZSCHE, Umano, troppo umano, vol. I, p. 85: «Lo spirito della Controriforma è lo spirito della musica moderna (il pietismo nella musica di Bach è anch’esso, infatti, una specie di controriforma). Così profondamente siamo indebitati verso la vita religiosa. La musica fu il contro rinascimento nel campo dell’arte», p. 141. Vi è pure l’attacco al concetto fondamentale di Parsifal, quello della compassione.
[21] Idem, vol. II, pp. 45, 51, 62, 50. In Frammenti postumi primavera-estate 1878, pp. 249, 250, 251.
[22] Stranamente, nei Frammenti postumi del biennio 1887-88 non compare mai il nome di Bizet che qui viene osannato. Si ricordi la celebre lettera di Nietzsche a Karl Fuchs, spedita da Torino il 27 settembre 1888: «Quel che dico su Bizet non deve prenderlo troppo sul serio; per quello che io sono, Bizet non vuol dire assolutamente niente. Ma come antitesi ironica rispetto a Wagner fa un grande effetto; sarebbe stata una mancanza di gusto senza pari se per esempio avessi voluto prendere le mosse da una lode a Beethoven», Carteggio Nietzsche-Wagner, a cura di Mazzino Montanari, Boringhieri, Torino 1969, p. 188.
[23] FRIEDRICH NIETZSCHE, Il caso Wagner, Mondadori, Milano 1975, p, 8
[24] Idem, p. 15.
[25] Idem, p. 16.
[26] Idem, p. 26.
[27] Idem, p. 21.
[28] MARIO BORTOLOTTO, Corrispondenze, Adelphi, Milano 2010, pp. 102, 103.
[29] Idem, p. 15.
[30] La religione è un rifugio per deboli, la forza di un uomo si misura a seconda di quanta verità riesce a sopportare. Come diceva Marx la religione è l’oppio dei popoli. In Aurora Nietzsche porta come esempio positivo Epiteto, il filosofo stoico più rigoroso, per il quale l’uomo avrebbe dovuto vivere secondo natura, che è come dire secondo ragione, in un’accettazione aristocratica e virile degli eventi, realizzabile secondo il completo controllo di se stessi. Questa posizione deriva da quella della morale cinica, difatti non solo l’antico filosofo di Gerapoli si ricollega all’etica professata dai cinici, ma Nietzsche stesso ha in comune con la scuola di Antistene molti atteggiamenti come la ricerca dell’autosufficienza della vita dell’uomo, non subordinata ad alcuna teologia, l’esaltazione dell’uomo in quanto uomo e il suo rapporto con la natura, come il disprezzo per ogni agio e mollezza.
[31] «Indovini cosa stiamo leggendo», scrive Cosima a Hugo von Tschudi, da Bayreuth nel 1901, «Così parlò Zarathustra! Poiché conoscevo da sempre lo stato morboso dell’autore, ero preparata a ogni follia e confusa genialità. Contro ogni aspettativa, invece l’ho trovato stupido fino alla cretineria».[31] Ciò dimostra come il ‘caso Nietzsche’ fosse vissuto nell’ambiente di Bayreuth, dopo l’allontanamento del filosofo dal maestro.
Da Renzo Cresti, Richard Wagner, la poetica del puro umano, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2013.
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Da Renzo Cresti, Richard Wagner, la poetica del puro umano, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2013.
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Nella magistrale lettera da Torino del maggio 1888, una successione di tagliente aforismi ci stordisce per la capacità di centrare il cuore di molti problemi che ancor oggi si pongono in maniera radicale, tanto che non è azzardato anticipare la conclusione che la Nuova Musica, per molti aspetti, vive sotto il segno di Nietzsche.
La musica espressiva, le esigenze comunicative, il pathos, le passioni e quant'altro il tardo Romanticismo amò, viene considerato da Nietzsche come irrimediabilmente decadente, sensibilità da boudoir: "Il pathos sconvolge ogni gusto", scrive ne Il caso Wagner, "nulla è più a buon mercato della passione". La Nuova Musica ha caratteri di oggettività, di astrazione sistematica, di autosignificazione, di autosufficienza sintattica e potrebbe affermare con Zarathustra: "Io sono colui che deve essere". La fruizione psicologica-sentimentale è impedita dall'assoluta fisicità del suono che si presenta in totale autonomia sia dai tratti espressivi dell'autore sia da quelli dell'ascoltatore.
Secondo Xenakis esiste una bellezza interna al numero, la pura matematica si avvicina alla poesia. Il logos, la razionalità matematico-acustica, riscattano la musica dalla sua natura di arte a-semantica e non concettuale. Kant, che considera fra le specie del giudizio il sublime matematico prelude a Helmotz. Perfino i parallelismi acustico-cosmologici della scuola pitagorica tornano in essere, soprattutto nella musica elettronica che sembra preludere a una nuova armonia delle sfere, infatti, pare scoprire un suono originario, libero nel suo manifestarsi.
Nello Strutturalismo il linguaggio artistico si rifà a modelli para-scientifici, l'opera è una proposizione geometrico-matematica a salvaguardia di se stessa, contro il ritorno dei concetti di espressivo, di bello, di estetico etc. La continua sperimentazione si fa garante di ripetuti autosuperamenti (quale concetto più nicciano di questo?) per evitare la condanna capitale dello status quo. In Al di là del bene e del male si preannuncia una nuova specie di filosofi, chiamati "indagatori", sempre disponibili a mettere in dubbio le proprie ricerche in un'interrotta serie di nuove prove, di nuove evidenze.
Il rifiuto dei valori usuali è una grande dichiarazione di libertà: essere morali significa autosuperamento e autosuperamento è volontà di potenza che è la fonte di ogni creatività. I simboli di Nietzsche sono il serpente e l'aquila ovvero intelligenza e orgoglio, con questi si può affrontare la lotta contro le valutazioni convenzionali e da essi nascerà una coscienza nuova: la trasvalutazione di tutti i valori e la Nuova Musica ha attuato un cambiamento così forte e repentino da poter essere interpretata davvero come una transvalutazione dei valori. Le atmosfere pulviscolari, magiche di Aubade di Togni; il continuum sonoro e le fasce musicali di natura magmatica degli Informel di Clementi; le nebulose sonore fragilissime che si esauriscono in pochi attimi di Consonante di Castiglioni; le seduzioni timbriche di Epifanie di Berio; il teatro musicale erotico e istrionico de La passione selon Sade di Bussotti; l'abbandonarsi al materiale acustico di Etwas ruhiger im ausdruck di Donatoni; la musica gestuale, le performance, gli happening, l'elettronica colta e incolta tutto questo si basa sulla filosofia del superamento.
Il dominio della materia sia essa organizzata come nello Strutturalismo sia essa lasciata libera in modo casuale ripropone il tragico destino dell'uomo, la sua solitudine, il suo smarrimento la sua alienazione. L'incomunicabilità della materia si rovescia in una coscienza precisa e tagliente quanto ness'altra retorica del messaggio. La materia che impassibilmente ci circonda è la nostra stessa condizione di uomini.
Di nuovo Zarathustra scende dalla montagna per combattere i chiari di luna, le ammalianti melodie, le confessioni sonore, le ideologie dell'art engagé. Un nuovo coraggio viene predicato, forse un'impudenza.
Da Renzo Cresti, Sotto il segno di Nietzsche, in rivista del Centro Musicale Fiorentino, Firenze aprile 1978.
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Wagner nei filtri di Nietzsche
L'iter culturale di Nietzsche si differenzia da quelli seguiti da altri filosofi a lui contemporanei, perché ebbe un'educazione squisitamente artistica e l'arte e la musica soprattutto rimase sempre il suo amore e il interesse principale. L'avvicinamento alla filosofia, del resto mai intesa in senso accademico, avvenne proprio per meglio comprendere la musica e i suoi autori preferiti, Schopenhauer e Wagner, furono ammirati per le loro visioni del mondo in cui la musica funge da perno. Schopenhauer era il primo filosofo ad aver conferito alla musica il valore di verità metafisica, mentre Wagner era il primo musicista ad aver inteso la musica come problema legato alla ricerca dell'essere e dell'esserci (l'aver posto il problema dell'opera teatrale in relazione al pubblico fu uno dei meriti maggiori di Wagner).
A differenza di Schopenhauer che fa dell'arte l'ultima illusione della Volontà prima che questa si ricongiunga all'eterno dolore, Nietzsche vede nell'arte e nella musica in specie una conferma della vita, anzi, l'arte stessa è vita. Nietzsche crede nel fenomeno e lo accetta come illusione: pur mantenendo la distinzione schopenhaueriana fra volontà/essenza e rappresentazione/apparenza conferisce un segno positivo al secondo binomio, parificando di fatto illusione e verità. L'attacco a Socrate avviene anche su questo terreno, in quanto l'antico filosofo non accetta l'uguaglianza fra verità e illusione, ma pone al ragione come metro di giudizio (perfino l'incomprensibile altro non sarebbe che una forma del comprensibile non acora giunto alla piena consapevolezza). Dell'inesplicabile però non si deve render conto e le tragedie antiche alludevano e non cercavano di spiegare.
Anche per Hegel la tragedia è una forma artistica che riflette la totalità, ma con significati etici che Nietzsche esclude, inoltre le categorie di apollineo e dionisiaco non corrispondono a quelle di tesi e antitesi: l'universo di Hegel è formato da principi logici, quello di Nietzsche da immagini mitiche, in cui il principium individuationis si annulla in un continuum inesplicabile, al di là del tempo e dello spazio. La musica è l'arte che meglio esprime l'indistinto fluire, richiamando una misteriosa unità primordiale che i greci riscoprivano nell'esperienza collettiva dei cori bacchici, nei quali l'elemento dionisiaco librava dai vincoli dell'individualità e solo la collettività si poneva come soggetto.
L'arte delle origini è immanente al mito e alle religioni, questo il concertto principale de La nascita della tragedia che tanto entusiasmò Wagner, che vi trovava una conferma alle sue teorie. Tutta la speculazione wagneriana sulla tragedia è un'apologia dell'opera d'arte totale intesa come realizzazione estetica di una comunità che sente di appartenere a un tutto, è l'apologia di un'età titanica che Nietzsche caratterizzò con la filosofia del dio silvestre.
Wagner è per il giovane Nietzsche la speranza di un nuovo mito rigenerato dalla forza della musica; nella maturità il tentativo wagneriano di rifondare dall'alto una nuova società gli apparirà invece esteticamente mistificatorio e socialmente finalizzato a nuovi strumenti di dominio; la postulata immediatezza del mito non sarà più possibile e il mito verrà condanato all'inattualità.
Nietzsche erige l'arte a una metafisica della polarità, concepisce cioè (al contrario di Hegel) l'opposizione non come un negativo da negare a sua volta, non come un'impotenza che diverrà potere, ma come negativo che non sarà riassorbito nell'identico, nel macrocosmo, come potenza che rimarrà comunque di segno contrario. Fin dalle prime opere la polemica di Nietzsche è orientata sia contro gli imperativi moralistici kantiani sia contro lo storicismo di Hegel che patenta il negativo allo stesso livello del positivo. Il carattere intrinseco dell'opposizione è l'affermazione di una forza attiva contraria alla positività dell'identità reale. Il passaggio dalla speculazione sul concetto di identità a quella sul concetto di opposizione è pensato come oltrepassamento e non come superamento in senso hegeliano, Uberwindung che ha in sè elementi del tutto nuovi, generatori di mutate soluzioni.
La quarta inattuale Richard Wagner in Bayreuth s'incentra sulla considerazione che la cosiddetta melodia infinita fosse la manifestazione di un'incontenibile espandersi della vita. La differenza principale fra la vecchia concezione del teratro melodrammatico d'impronta italo-francese e la nuova concezione di Wagner e la mutata funzione della musica che passa da una condizione d''indipendenza a uno stato di subordinazione verso il dramma. /.../
Da Renzo Cresti, Wagner nei filtri di Nietzsche, in "Antologia Vieusseux, Firenze settembre 1985.