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La cicogna Maria, racconto
La cicogna Maria, racconto breve


La Cicogna Maria era nata in un folto bosco, vicino a un luminoso paesiano sulle Alpi italiane, ancora fiera, nonostante l’età avanzata, conservava il suo bel piumaggio bianco bianco. Qualche inverno fa, migrando verso sud con un gruppo di compagne, era approdata in Africa nera e lì era rimasta, affascinata dal calore del sole e da quello degli uomini, dalla ridente vegetazione e dalla vita essenziale, legata alla Natura come a una Madre, amorevolmente e con innocenza.

La Cicogna Maria era oramai in pensione, ma un giorno una sua amica venne a cercarla e a dirle che c’era da portare un bimbo dall’Africa in Italia. Maria esitò un po’, pensava di non avere più le forze per un viaggio così lungo, però la voglia di rivedere il paese dove era nata la portò ad accettare. Così si preparò per il lungo viaggio, prese il bel fagottino dove era stato sistemato il bambino e partì. Via su in alto, nel cielo azzurro azzurro, sopra le nubi di panna, verso il sole di fuoco.

Appena alzata in volo si accorse che il paesaggio era cambiato, non era bello come se lo ricordava: le foreste erano mezze distrutte, i fiumi quasi prosciugati e l’aria era talmente inquinata che la povera Maria respirava male. Pensò che sarebbe stato meglio evitare le città della costa mediterranea, volando sulla rotta del deserto: "meglio la nudità e la povertà del deserto" - pensava - "che la ricchezza snaturata e smodata delle città vanitose". Dall’alto vedeva anche tribù in guerra fra loro e uomini che conducevano una vita miserevole. Aumentò l’andatura del volo per non rattristarsi.

Quando fu in prossimità della costa africana sul Mediterraneo, s’imbattè in uno sciame di uccelli spaventati, in fuga. “Perché scappate amici?” – chiese Maria agli uccelli terrorizzati. “Perché c’è la guerra!” – risposero – “non passare dalla Palestina e da Israele, altrimenti una cannonata potrebbe ucciderti”. Allora la Cicogna, anch’essa impaurita, virò verso ovest per evitare che il folle odio di uomini che si credano religiosi colpisse lei e il suo prezioso fagottino.

Stordita, Maria riposò su una spiaggia e, stanca, dormì facendo brutti sogni. Al risveglio cercò di rimanere calma per non impaurire il bimbo che aveva con sé, si fece coraggio e iniziò la traversata del mare, verso la Sicilia. Giù, sulle agitate onde, vedeva battelli strapieni di gente assetata, affamata, cenciosa, stralunata. “Dove andranno quelle povere navi cariche di disperati?” si chiedeva Maria. Poi vide che cercavano di approdare sulle coste italiane, vide poliziotti, preti, mendicanti e vide tanta miseria e violenza. Con dolcezza di madre rassicurò il bimbo con una carezza.


Allucinata, Maria pensava che ai suoi tempi tutte queste brutte cose non c’erano e che il mondo non era affato “progredito”, come aveva sentito dire, anzi le pareva peggiorato in modo drammatico. “Forse gli uomini” – diceva fra sé – “non hanno ancora imparato ad abitare la Madre Terra, con pazienza e amore come noi animali”. Il suo pensiero veniva però distratto da urla terribili, sentiva vociare “mafia, mafia”, accelerò il volo, ma poco più avanti udiva urlare “andrangheta, andrangheta”, volò il più alto possibile, ma anche da lassù percepiva delle invettive e il grido “camorra, camorra” arrivava fin in cielo.

Cercò di calmarsi bevendo da un fiume, ma l’acqua era talmente sporca che si tenne la sete. Passò sopra città e vide macchine da tutte le parti, abitanti nevrotici, cortei, animali tristi e fumi neri che rendevano l’aria irrespirabile. Coprì bene il suo bimbo dentro al fagottino, perché non respirasse i veleni e gli sussurrò sgomenta: “ma dove ti ho portato piccino mio?”. Avrebbe voluto riposare un attimo, ma in quelle città non c’erano spazi verdi.


Sorvolò i vicoli cenciosi di Napoli, i Palazzi della politica romani, Firenze strozzata dal becero turismo. Finalmente arrivò a destinazione e scese di quota, allora sentì solo il suono di telefonini e il chiacchiericcio di uomini che parlavano del loro tornaconto. Vi era fra loro una specie di Capitan Terrifico che voleva tutti al suo comando e non sopportava che la gente pensasse con la propria testa e provasse sentimenti veri. Quest’uomo che, a lei che veniva dall’Africa ricordava una bertuccia ridens, in Italia era molto potente, aveva soldi e comandava partiti, televisioni, giornali, ma non aveva potere nel regno dei cuori. Cercò di affrettarsi a scoprire la casa dove depositare il fagottino, la individuò e si mise a scrutarla: era piccola e linda, con un giardinetto pieno di fiori e sull’uscio i padroni di casa avevano lasciato dell’erbetta fresca per la Cicogna e del miele e del latte, proprio per lei. Maria si rilassò e mangiò di gusto, poi si avvicinò alla finistra per sbirciare all’interno. Poche erano le cose, ma dignitose, e un uomo diceva a una donna: “moglie, mia adorata moglie, tra poco arriverà il nostro desiderato bambino, una cicogna coraggiosa ce lo porterà e a lui doneremo il nostro amore.” “E’ già qui, mio caro marito” – disse la donna – “apri la finestra e apri il tuo cuore alla bontà”. Sentendo queste dolci parole la Cicogna finalmente sorrise e lasciò volentieri il bimbo che aveva portato dall’Africa a questi poveri emigranti neri, che non avevano la casa piena di roba ma avevano il cuore pieno di buon senso.

Lasciato il fagottino, la Cicogna Maria decise di ritornare via subito. Via dal “progresso” verso gli ultimi spazi aperti e puri, come il cuore dei genitori ch’è pronto all’accoglienza. Via verso la genuinità e la fratellanza dei poveri di spirito, verso la sua Africa calda e mansueta, verso un amore grande che salvi l’anima e il Mondo.

P. S. Oggi nulla più sappiamo della Cicogna Maria, ma il bimbo che aveva portato dall’Africa in Italia sogna spesso di volare e sente un pigolio all’orecchio che gli dice di abitare teneramente la Terra e di viaggiare nel Mondo, pronto all’ospitalità, fra esodo e avvento.
 
 
 




Renzo Cresti - sito ufficiale