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Severino Gazzelloni
L’insegnamento di Gazzelloni
 
Considerazioni sul repertorio del grande flautista a 50 anni di distanza
 

 

E’ difficile prendere una data precisa per indicare l’inizio della straordinaria carriera di Severino Gazzelloni (“carriera” è però una definizione inadeguata per questo personaggio che ha messo nel suo fare musica tutto se stesso), sono comunque gli anni Cinquanta quelli che lo vedono iniziare il percorso che lo porterà a essere considerato il più grande flautista della sua epoca e sono soprattutto i brani di Maderna a costituire il primo mattone di quell’edificio meraviglioso che sarà il suo repertorio dedicato alla cosiddetta “musica contemporanea”, intesa senza barriere: Musica su due dimensioni per flauto, percussione e nastro magnetico, eseguita ai Ferienkurse di Darmstadt nel 1952; Divertimento in due tempi (1953) per flauto e pianoforte; Concerto per flauto (1954); Serenata (1957) n. 2 per flauto (ottavino), clarinetto (basso), tromba, corno e arpa, tutte eseguite ai Corsi di Darmstadt. Gazzelloni eseguirà in seguito tutta la musica flautistica di Maderna. In quegli anni esegue anche Y su sangre ya viene cantando per flauto, archi e percussione di Luigi Nono e Le merle noir di Messiaen. Sempre a Darmstadt, nel 1954, interpreta la Sonata op. 35 di Camillo Togni; nel 1956, suona la nuova versione della Sonatine di Boulez e, nel 1959, Couple di Sylvano Bussotti; a Parigi aveva interpretato Serenata di Luciano Berio, nel 1957. Questo l’inizio folgorante che prosegue con esecuzioni di brani dei francesi Amy, Ballif, Miroglio, Pousseur; del portoghese Jorge Peixinho, dello spagnolo De Pablo, dei tedeschi Henze, Zimmermann; degli americani Eaton, Brown, del cinese Wen-Chung, dell’amato giapponese Fukushima e di Matsudaira e, ovviamente, di molti altri, dimostrando di voler e saper spaziare in ambiti stilistici e formali molto diversi, in un’apertura geografico-culturale che oggi si chiamerebbe worl music.

Fra gli Autori italiani Gazzelloni eseguirà, fra gli altri, Bettinelli, Bortolotti, Castiglioni, Clementi, Cortese, De Grandis, Donatoni, Gaslini, Guaccero, Prosperi, Renoso, Rota, ancora una volta dimostrando la sua curiosità, il suo modo di intendere la musica non in funzione di un’estetica precisa o, peggio, di un’ideologia, ma come un fatto globale, anticipando molti atteggiamenti attuali legati appunto alla globalizzazione culturale e artistica. Se osserviamo la sua discografia il concetto di apertura si conferma in modo esplicito, nei primi dischi infatti troviamo incisi pezzi di Martinu, Henze, Fukushima, Matsudaira, Boulez, compositori diversissimi fra loro, così come gli italiani Maderna, Petrassi, Castiglioni, Berio, Nono, ma ciò che sorprende – non oggi ma negli anni Cinquanta non solo sorprendeva, era anche contestato – è che accanto a questa molteplicità di tendenze linguistiche si aggiunge molta musica da film, un disco su musiche di Lucio Battisti e un altro su canzoni napoletane, come Monastero ‘e santa Chiara, ‘O sole mio, Te vojo bene assale, Malafemmena, Marchiare, un esempio incredibile di commistioni! A tutto questo va aggiunto un repertorio altrettanto vasto legato alla musica classica da Vivaldi in poi (Bach, Haendel, Scarlatti, Pergolesi, Tartini, Mozart, Donizetti, Mercadante, Beethoven, Schubert, Debussy, Ravel e altro).
E’ risaputo che anche eticamente Gazzelloni amava porsi in maniera disponibile, suonando non solo delle sale deputate ai concerti classici ma anche in luoghi diversi, in maniera anticonformistica, dimostrando ampie vedute sociali.

Nato nel 1919, Gazzelloni non poteva avere, generazionalmente, una visione così aperta, evidentemente è stato un’eccezione che ha precorso i tempi. Cosa impariamo da questo sconfinato e libero repertorio del Maestro di Frosinone? Oggi si direbbe che la musica non ha confini, va oltre le definizioni e le classificazioni, s’impara che ciò ch’è veramente essenziale è la qualità della musica e dell’esecuzione e che un bravo interprete non può fermarsi a un solo tipo di repertorio perché in questo modo rischia una forma mentis chiusa e una visione angusta del mondo musicale. Gazzelloni sembra così dare un consiglio ai giovani flautisti ch’è quello del confronto, del mettersi sempre in discussione, del non fermarsi mai al già acquisito, ma di studiare, studiare, studiare, con curiosità per rendersi conto di ciò che ci circonda e per poter meglio maturare, con consapevolezza, i pezzi che si va a suonare. Sono passati circa 50 anni dalla messa a punto del repertorio di Gazzelloni, cinque lustri che hanno via via confermato ciò che il Maestro ha intuito, la vista lunga e la validità del progetto che oggi vale davvero la pena di riconsiderare e meditare.
 
 
 
 
Rivista “FaLaUt”, Pompei 2008.



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Renzo Cresti - sito ufficiale