Mumex Trio, "Folds of Time", Musica Presente Records
Mumex Trio, il suono dell’Essere
In the Universe, or what we shall now call the Multiverse,
there are forces acting at different levels which then merge
into what the ancient people called LOGOS.
These forces are a type of dynamics.
(L. Siciliano, A-Mumex)
Per l'etichetta Musica Presente Records, che ho l'onore di dirigere, è uscito l'album "Folds of Time" del Mumex Trio. Il lavoro si basa sulla poetica che è spiegata nel libro di Louis Siciliano Music Multiverse Exploration http://www.renzocresti.com/dettagli.php?quale=2&quale_dettaglio=387
Louis Siciliano prende il nome d’arte di ALUEI, cambia nome in segno di una rinascita a nuova vita artistica, infatti, abbandona la realizzazione di colonne sonore (dove era una personalità avendo composto molte musiche per film importanti, quali Happy Family di Gabriele Salvatores, 20 sigarette di Areliano Amidei etc.) per concentrarsi su una personalissima e profondissima ricerca sul suono, cosmico e assoluto.
In questa performance non vi sono rimandi ad altre arti, è genuina nel suo porsi in modo puramente sonoro, senza sottotesti, riferimenti a immagini e parole. È una maniera onesta che rimanda a una necessità interiore, dal suono concreto ai piani sottili dell’Essere.
L’approccio è olistico, lo si ascolta bene in questa straordinaria esecuzione in cui Siciliano suona assieme a fedeli compagni di un originale viaggio di vita e d’arte, due grandi musicisti quali Roberto Bellatalla e Mauro Salvatore, i quali sono grandi non solo per la bravura tecnica, che in certi passaggi sfiora il virtuosismo (mai fine a sé stesso ma funzionale a ciò che si vuole comunicare), grandi soprattutto perché utilizzano contrabbasso e batteria quali strumenti per realizzare qualcosa di profondo, alla ricerca di un suono pieno, abissale e senza confini. Bellatalla è fondamentale nel suo apporto melodico/armonico/strutturale, mentre Salvatore lo è per la realizzazione dell’intreccio metrico-ritmico, apporti e intrecci che non sono solo musicali ma anche esistenziali. La loro musica è sorretta dall’entusiasmo di chi sta cercando qualcosa d’importante, non solo dall’eseguirla ma dal parteciparla, dal lasciarsi prendere dal suono.
Si sente come i tre musicisti si trovino a meraviglia nella loro stupefacente improvvisazione, in un continuo ascolto reciproco, un’empatia che viene comunicata al pubblico. È l’ethos dell’ascolto.
I suoni si muovono come foglie al vento. La sapienza tecnica è evidente, del resto è necessaria per una musica così ricca ed evoluta, ma non è sufficiente per una comunicazione vibrante, risuonante di umori e palpitante. La musica è zampillante e a un tempo sorgiva, alla ricerca di un suono aurorale, che coglie, nel fluire ininterrotto, il presentarsi via via dei suoni, abbandonandosi ad essi, suonando ciò che nel suonare si profila. L’opera è un Essere in cammino.
Per il Mumex Trio la performance è un rito, si realizza in un tempo sacro, illimitato e libero, arcano e misterioso. Mistero e misticismo che ci conducono a quell’enigma che ciascuno di noi è per sé stesso. Segreto esistenziale linguisticamente impraticabile e che solo il suono, nella sua purezza eterea e nel suo eccedere la quotidianità, può avvicinare. La cascata di suoni del Mumex Trio realizza un’estasi che è sospensione dell’esperienza ordinaria e si presenta come possibilità autentica, come vocazione e destino.
Il tempo estatico fa sì che la musica trascenda sé stessa, che il testo musicale diventi rivelativo ossia dica di più di quanto non dica testualmente. La performance si pone a più livelli, occorre ascoltare oltre il primo che la porrebbe nell’ambito di una particolare improvvisazione jazzistica per cogliere l’espressione più vera, quella che realizza un affondo (direbbe Adorno) nel vissuto e nell’esistenza, cogliendo il suono dell’Essere.
Questa musica ci porta in un mondo lontano eppure coglie del presente molti aspetti a cominciare appunto da alcuni elementi jazzistici, del free in particolare, polimetrie e ritmi complessi che si snodano come una sorta di spirale sonora. In fondo, il ricorrere a stilemi jazzistici è anche un modo per avvicinare il pubblico. Usare il jazz quale intermediario, del resto la concezione del Mumex non è poi distante da quella jazzistica, in senso ampio. Importante per capire la musica, la cultura, la vita di Siciliano è il suo libro A-MUMEx (2018), dal sottotitolo esplicito di Music Multiverse Exploration – A New Cosmology of Sound, personalissimo e dotto lavoro di scavo alla ricerca del ‘suono giusto’ (Monteverdi).
Non vi è solo il jazz, si ascoltano anche cenni alla musica indiana, va ricordato che Siciliano ha abbracciato molte idee e prassi di musiche extra-europee (suona molti strumenti provenienti da culture diverse). Le parti che compongono questo progetto vanno intese senza soluzione di continuità, seppur ognuna abbia tratti caratterizzanti, ma l’idea che sottostà al tutto è quella del viaggio sonoro che diventa viaggio esistenziale. Non vi è una forma pre-stabilita, ma solo il riferirsi a una concezione generale per la quale il processo musicale lega inscindibilmente insieme forma/vita/natura (concetto di forma vivente simile a quello elaborato da Gœthe e Schiller negli anni del loro carteggio). Il suono costituisce il DNA di questa forma vivente e scorre fluente e naturale alla ricerca dell’essenza dell’Essere.
In the Universe, or what we shall now call the Multiverse,
there are forces acting at different levels which then merge
into what the ancient people called LOGOS.
These forces are a type of dynamics.
(L. Siciliano, A-Mumex)
Per l'etichetta Musica Presente Records, che ho l'onore di dirigere, è uscito l'album "Folds of Time" del Mumex Trio. Il lavoro si basa sulla poetica che è spiegata nel libro di Louis Siciliano Music Multiverse Exploration http://www.renzocresti.com/dettagli.php?quale=2&quale_dettaglio=387
Louis Siciliano prende il nome d’arte di ALUEI, cambia nome in segno di una rinascita a nuova vita artistica, infatti, abbandona la realizzazione di colonne sonore (dove era una personalità avendo composto molte musiche per film importanti, quali Happy Family di Gabriele Salvatores, 20 sigarette di Areliano Amidei etc.) per concentrarsi su una personalissima e profondissima ricerca sul suono, cosmico e assoluto.
In questa performance non vi sono rimandi ad altre arti, è genuina nel suo porsi in modo puramente sonoro, senza sottotesti, riferimenti a immagini e parole. È una maniera onesta che rimanda a una necessità interiore, dal suono concreto ai piani sottili dell’Essere.
L’approccio è olistico, lo si ascolta bene in questa straordinaria esecuzione in cui Siciliano suona assieme a fedeli compagni di un originale viaggio di vita e d’arte, due grandi musicisti quali Roberto Bellatalla e Mauro Salvatore, i quali sono grandi non solo per la bravura tecnica, che in certi passaggi sfiora il virtuosismo (mai fine a sé stesso ma funzionale a ciò che si vuole comunicare), grandi soprattutto perché utilizzano contrabbasso e batteria quali strumenti per realizzare qualcosa di profondo, alla ricerca di un suono pieno, abissale e senza confini. Bellatalla è fondamentale nel suo apporto melodico/armonico/strutturale, mentre Salvatore lo è per la realizzazione dell’intreccio metrico-ritmico, apporti e intrecci che non sono solo musicali ma anche esistenziali. La loro musica è sorretta dall’entusiasmo di chi sta cercando qualcosa d’importante, non solo dall’eseguirla ma dal parteciparla, dal lasciarsi prendere dal suono.
Si sente come i tre musicisti si trovino a meraviglia nella loro stupefacente improvvisazione, in un continuo ascolto reciproco, un’empatia che viene comunicata al pubblico. È l’ethos dell’ascolto.
I suoni si muovono come foglie al vento. La sapienza tecnica è evidente, del resto è necessaria per una musica così ricca ed evoluta, ma non è sufficiente per una comunicazione vibrante, risuonante di umori e palpitante. La musica è zampillante e a un tempo sorgiva, alla ricerca di un suono aurorale, che coglie, nel fluire ininterrotto, il presentarsi via via dei suoni, abbandonandosi ad essi, suonando ciò che nel suonare si profila. L’opera è un Essere in cammino.
Per il Mumex Trio la performance è un rito, si realizza in un tempo sacro, illimitato e libero, arcano e misterioso. Mistero e misticismo che ci conducono a quell’enigma che ciascuno di noi è per sé stesso. Segreto esistenziale linguisticamente impraticabile e che solo il suono, nella sua purezza eterea e nel suo eccedere la quotidianità, può avvicinare. La cascata di suoni del Mumex Trio realizza un’estasi che è sospensione dell’esperienza ordinaria e si presenta come possibilità autentica, come vocazione e destino.
Il tempo estatico fa sì che la musica trascenda sé stessa, che il testo musicale diventi rivelativo ossia dica di più di quanto non dica testualmente. La performance si pone a più livelli, occorre ascoltare oltre il primo che la porrebbe nell’ambito di una particolare improvvisazione jazzistica per cogliere l’espressione più vera, quella che realizza un affondo (direbbe Adorno) nel vissuto e nell’esistenza, cogliendo il suono dell’Essere.
Questa musica ci porta in un mondo lontano eppure coglie del presente molti aspetti a cominciare appunto da alcuni elementi jazzistici, del free in particolare, polimetrie e ritmi complessi che si snodano come una sorta di spirale sonora. In fondo, il ricorrere a stilemi jazzistici è anche un modo per avvicinare il pubblico. Usare il jazz quale intermediario, del resto la concezione del Mumex non è poi distante da quella jazzistica, in senso ampio. Importante per capire la musica, la cultura, la vita di Siciliano è il suo libro A-MUMEx (2018), dal sottotitolo esplicito di Music Multiverse Exploration – A New Cosmology of Sound, personalissimo e dotto lavoro di scavo alla ricerca del ‘suono giusto’ (Monteverdi).
Non vi è solo il jazz, si ascoltano anche cenni alla musica indiana, va ricordato che Siciliano ha abbracciato molte idee e prassi di musiche extra-europee (suona molti strumenti provenienti da culture diverse). Le parti che compongono questo progetto vanno intese senza soluzione di continuità, seppur ognuna abbia tratti caratterizzanti, ma l’idea che sottostà al tutto è quella del viaggio sonoro che diventa viaggio esistenziale. Non vi è una forma pre-stabilita, ma solo il riferirsi a una concezione generale per la quale il processo musicale lega inscindibilmente insieme forma/vita/natura (concetto di forma vivente simile a quello elaborato da Gœthe e Schiller negli anni del loro carteggio). Il suono costituisce il DNA di questa forma vivente e scorre fluente e naturale alla ricerca dell’essenza dell’Essere.